Ultimo aggiornamento 26 Maggio, 2018, 08:18:12 di Maurizio Barra
Trump: buoni colloqui su summit con Kim
Seul: è fortuna che possibilità di dialogo sia ancora viva
WASHINGTON26 maggio 201805:26
– WASHINGTON, 26 MAG – “Stiamo tenendo colloqui molto produttivi con la Corea del Nord sul ripristino del summit che, se ci sara’, probabilmente rimarra’ a Singapore nella stessa data, 12 giugno, e, se necessario, verra’ esteso oltre quella data”. Lo ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. L’Ufficio del presidente sudcoreano Moon Jae-in ha accolto con favore la ripresa dei colloqui tra Usa e Nord per la definizione di un bilaterale tra Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un. “E’ una fortuna che la possibilità di dialogo sia ancora viva”, ha rilevato il portavoce Kim Eui-kyeom, nel resoconto della Yonhap. La Blue House, l’Ufficio presidenziale, “sta seguendo con attenzione i progressi in corso”.
Libia, trafficanti sparano su migrantiTestimoni hanno riferito a Msf di morti e feriti
NEW YORK26 maggio 201806:09
– NEW YORK, 26 MAG – Oltre 100 tra migranti e rifugiati tenuti prigionieri da trafficanti di esseri umani sono stati raggiunti da colpi di’arma da fuoco mentre fuggivano da una prigione clandestina nel nordovest della Libia; ci sono stati numerosi morti e feriti. Lo afferma Medici senza frontiere.
L’organizzazione medica internazionale afferma che molte persone nella città di Bani Walid, tra cui anche membri delle forze di sicurezza, hanno cercato di proteggere i fuggiaschi mentre venivano inseguiti da uomini armati che tentavano di per ricatturarli. Msf spiega che i sopravvissuti alla fuga di mercoledì sera hanno riferito che almeno 15 persone sono state uccise e che fino a 40 persone, per lo più donne, sono state lasciate indietro. Lo staff di Msf ha aiutato a curare 25 feriti al Bani Walid General Hospital, di cui sette con gravi ferite d’arma da fuoco e fratture multiple.
Malesia: baby-panda mostrata alla stampaHa cinque mesi e pesa nove chilogrammi, ma non ha ancora un nome
26 maggio 201809:38
– KUALA LUMPUR, 26 MAG – Una baby-panda nata cinque mesi fa ha fatto oggi il suo debutto di fronte alla stampa: è stata presentata a giornalisti e operatori tv in una sala climatizzata dello zoo nazionale malese. Pesa nove chilogrammi, ma non ha ancora un nome ed è figlia dei panda giganti Liang Liang e Xing Xing, entrambi in prestito in Malesia per dieci anni sin dal 2014. Liang Liang e Xing Xing sono i genitori anche di un altro cucciolo, una femmina chiamata Nuan Nuan, nata nell’agosto del 2015 e inviata in Cina lo scorso novembre in base ad un accordo con Pechino che prevede la consegna dei cuccioli nati in cattività quando raggiungono l’età di due anni.
Secondo quanto hanno annunciato le autorità, la cucciola verrà più tardi presentata anche al pubblico.
Sentenza storica in Georgia, un miliardo a ragazza stuprataAveva 14 anni, chiesti danni a società vigilante che l’aggredì
NEW YORK26 maggio 201807:44
Un giudice della Georgia, negli Stati Uniti, con una decisione storica ha stabilito che una ragazza stuprata quando era minorenne otterrà un risarcimento di un miliardo di dollari. La storia risale al 2012: Hope Cheston aveva 14 anni ed è stata aggredita sessualmente da un vigilante armato in un complesso di appartamenti vicino ad Atlanta, mentre lei era in visita da un amico. L’aggressore, che all’epoca dei fatti aveva 22 anni, e’ stato condannato a 20 anni di carcere, ma la societa’ per cui lavorava non ha mai contattato la ragazza per scusarsi di quanto accaduto. Hope ha fatto cosi’ causa contro l’azienda, la Crime Prevention Agency, che ora sarà costretta a pagare l’astronomico risarcimento. “La cosa piu’ importante e’ quello che rappresenta questa cifra”, ha detto l’avvocato della vittima, Chris Stewart: “Non ci interessa quanto alla fine riusciremo ad avere davvero da questa azienda, sappiamo che non hanno un miliardo di dollari, ma abbiamo già avuto la nostra vittoria”. “Ed e’ stata una grande vittoria – ha aggiunto – non solo per la mia cliente, ma anche per le altre vittime di violenza sessuale che ora potranno avvalersi di questa decisione senza precedenti”.
“La mia infanzia e’ stata rubata”, ha commentato invece la vittima dello stupro che oggi ha 20 anni: “Non e’ solo un miliardo, questo numero su un foglio di carta e’ tutto il mio caso e la mia vita”.
Aborto libero, trionfo dei ‘sì’ in IrlandaReferendum passa a valanga, exit poll cancellano ogni dubbio
LONDRA26 maggio 201807:49
Un giorno “storico”, agli occhi di molti. Di sicuro un passaggio destinato a segnare un’epoca tanto per i vincitori quanto per gli sconfitti, e soprattutto per le donne. L’Irlanda, terra di secolari radici cattoliche incamminata sulla scia del resto d’Europa verso la secolarizzazione, ha deciso oggi a larghissima maggioranza in favore dell’aborto libero in un referendum che ha diviso la sua gente, ma certo non a metà.
Gli exit poll non lasciano margini di dubbio: 68% contro 32 stando a quello realizzato da Ipsos per l’Irish Times, addirittura 69,4% contro 30,6 secondo la tv pubblica Rte. Un voto per voltare pagina insomma, che suggella il trionfo del fronte favorevole all’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione, sulla tutela della vita del nascituro, introdotto nel 1983 per cementare il divieto di fatto dell’interruzione della gravidanza, salvo casi eccezionali di pericolo diretto per la vita della madre. Un divieto che per anni aveva significato viaggi all’estero a migliaia per chi voleva abortire.
La giornata di bel tempo, almeno per gli standard irlandesi, ha favorito, come speravano i sostenitori del sì, attestatasi alla fine attorno al 70%. In uno scenario per certi versi simile a quello di un altro referendum contrastato e assai simbolico, sfociato giusto tre anni fa nel via libera ai matrimoni gay.
I 6.500 seggi sono stati aperti alle 7 locali per chiudere alle 22 (le 23 in Italia). E il risultato ufficiale è atteso per la mattinata. Ma i giochi sono fatti circa, la scelta di campo degli elettori della Repubblica (3,3 milioni gli aventi diritto) pare essere stata ancora ancor più netta del previsto, malgrado le divisioni di una campagna referendaria che ha lacerato la coscienza nazionale, il tessuto sociale, il retroterra etico e la tradizione religiosa di un popolo. Tutto deciso da un quesito secco e dalla risposta di circa due terzi dei votanti all’alternativa fra sì e no (‘ta’ o ‘nil’ in gaelico, ‘yes’ o ‘no’ in inglese) proposta sulle schede.
Le previsioni – nonostante qualche sondaggio finale più prudente – non erano mai parse in effetti in bilico nelle settimane precedenti alla consultazione, pure animate da forti e diffuse contrapposizioni: fra aree urbane tendenzialmente ‘pro-choice’, donne in testa, e zone rurali a impronta antiabortista; ma anche fra generi, fra establishment e outsider, nonché fra una generazione e l’altra, con gli anziani più inclini verso il no, i giovani e l’età di mezzo verso il sì, e uno zoccolo duro non irrilevante di giovanissimi di nuovo attratto dagli argomenti pro-life.
Un dibattito che, secondo gli usi locali, è proseguito anche a seggi aperti, a colpi di tweet libero. In rete si sono così riproposti gli schieramenti: a favore della liberalizzazione d’un progetto di legge già pronto tutti i leader istituzionali, i maggiori partiti (pur con la clausola della libertà di coscienza per deputati e militanti obiettori), i media che contano, le star irlandesi del jet set internazionale; contrari i movimenti per la vita (oscurati peraltro pubblicitariamente dai colossi del web per timore di presunte “interferenze straniere”), singoli dissidenti di partito e gruppi cattolici. Ma con la gerarchia spesso defilata, oltre che azzoppata nella sua autorità morale da anni di scandali e insabbiamenti su pedofilia e non solo.
“No all’aborto on demand”, aveva twittato fino all’ultimo Peadar Toibin, deputato pro-life dello Sinn Fein, evocando lo spettro di una deregulation totale. “Cmon Ireland! Facciamo la cosa giusta per le grandi donne della nostra nazione”, gli aveva replicato la celebrity del pop Niall Horan, ex One Direction. Un appello, quello di Horan, condiviso apertamente dal premier liberale di Dublino, Leo Varadkar, gay dichiarato e promotore di un referendum visto come “opportunità di una sola generazione” per mettere “fine ai viaggi della disperazione di troppe donne”.
In queste uno dei vincitori è certamente lui.
Sciopero camionisti diventa emergenza nazionale in BrasileTemer manda l’esercito a sbloccare il traffico nel Paese
26 maggio 201808:16
Lo sciopero dei camionisti, arrivato ieri al suo quinto giorno, è diventato un’emergenza nazionale in Brasile, dove il presidente Michel Temer ha mobilizzato le forze armate e i servizi di sicurezza per riaprire il traffico nel paese, dove cominciavano a registrarsi seri problemi di approvvigionamento di cibo e carburante. La giornata era iniziata su una nota positiva, dopo che il governo ha annunciato un accordo con 9 delle 11 organizzazioni di camionisti, chiuso nella notte precedente per garantire almeno una tregua di 15 giorni nella protesta, lanciata per esigere una riduzione del prezzo del carburante. Ben presto, però, è cambiata la situazione: secondo stime dei media locali, circa un milione di camion mantenevano oltre 900 blocchi stradali in 22 dei 27 stati del paese, e sono cominciate a moltiplicarsi le situazioni di emergenza. Undici aeroporti hanno informato di avere problemi di approvvigionamento di combustibile per gli aerei, e decine di voli sono stati cancellati. Il porto di Santos, principale terminale navale dell’America Latina, è rimasto virtualmente isolato dal resto del paese, e a Brasilia, San Paolo ed altre città le autorità hanno sospeso le classi nelle scuole pubbliche.
Gli automobilisti si lamentavano mentre facevano lunghe file per fare il pieno a prezzi gonfiati, gli ospedali denunciavano i primi problemi di disponibilità di medicine e i produttori di carne hanno avvertito che un miliardo di polli e due milioni di maiali sono in rischio di vita per la mancanza di alimenti. E così Temer ha annunciato nel pomeriggio che aveva “mobilitato le forze federali di sicurezza perché sblocchino le strade”, avvertendo che “non permetteremo che la società non abbia accesso ai beni di prima necessità”. La dura reazione di Temer è stata respinta dall’Associazione brasiliana di camionisti (Abcam), che non ha firmato l’intesa con l’esecutivo e ha avvertito che “se i militari vogliono togliere i blocchi, allora correrà sangue”. Con il passare delle ore, però, non si sono segnalati scontri o episodi di violenza, e il governo ha annunciato la ripresa del traffico in punti nevralgici del paese: la raffineria della Petrobras a Rio, per esempio, ha ripreso a distribuire carburante. Poco dopo le 18.00 (le 23.00 in Italia) il governo ha informato che il numero di posti di blocco è passato da 933 a 519, aggiungendo che in molti punti alcune corsie sono lasciate libere per il traffico. Resta da vedere quanto ci vorrà perché la situazione torni ad essere normale. In sei città dello stato di Rondonia, sulla frontiera con al Bolivia, per esempio, la mancanza di carburante ha già provocato estesi blackout.