Ultimo aggiornamento 31 Agosto, 2018, 16:34:54 di Maurizio Barra
DELLE 16:34
DI VENERDì 31 AGOSTO 2018
L’assistente di Google diventa poliglotta. All’Ifa di Berlino l’azienda di Mountain View ha presentato la novità, spalmabile su più dispositivi compresi quelli per la casa ‘smart’: si possono fare e ottenere risposte in più lingue. Attualmente, l’Assistente può comprendere qualsiasi coppia di lingue in inglese, tedesco, francese, spagnolo, italiano e giapponese. “ci espanderemo a più lingue nei prossimi mesi”, spiega Big G.
L’intelligenza artificiale è alla base della strategia della società. Arriva anche Google Home Max: offre audio ad alta fedeltà e bilanciato ed è disponibile in Germania, Regno Unito e Francia. E dopo aver introdotto il primo Smart Display il mese scorso con Lenovo, Google ora espande la proposta con il lancio di Link View di JBL nelle prossime settimane, dedicato alla cucina. Si può usare la voce per scorrere lo schermo e seguire una ricetta, controllare la casa intelligente, guardare la TV in diretta su YouTube TV e fare videochiamate con Google Duo. Gli Smart Display sono inoltre integrati con Google Calendar, Google Maps, Google Foto e YouTube.
L’Assistente Google è così importante che Google dedica un tasto apposito, su più telefoni e cuffie Android. Alcuni dei più recenti dispositivi tra cui LG G7 One, SHARP Simple Smartphone 4 e Vivo NEX S, ora dispongono di pulsanti dedicati per accedere facilmente all’Assistente. Inoltre, il nuovo Xperia XZ3 di Sony e Blackberry Key 2 LE sfruttano anche le scorciatoie per attivare l’Assistente.
Google e Mastercard avrebbero concluso un accordo segreto che avrebbe permesso alla società di Mountain View e ai suoi inserzionisti di tracciare le vendite al dettaglio, quindi “offline”, di oltre due miliardi di carte. Google – secondo Bloomberg – avrebbe pagato milioni di dollari per avere i dati da Mastercard e le due società avrebbero discusso anche la divisione di una parte dei guadagni, secondo persone che hanno lavorato all’intesa. I portavoce di Google e Mastercard non hanno voluto commentare. L’intesa riguarderebbe solo gli Stati Uniti.Se l’accordo fosse vero (le due compagnie non ne hanno mai parlato pubblicamente), più di due miliardi di possessori di Mastercard sono stati inconsapevoli di questo tracciamento, fa notare Bloomberg. Lo scorso anno Google ha annunciato un servizio chiamato “Store Sales Measurement” spiegando di avere accesso ad “approssimativamente il 70%” delle carte di debito e credito Usa attraverso dei partner, senza menzionarli. La vicenda ancora una volta solleva questioni di privacy: “le persone non si aspettano che le cose comprate nei negozi fisici siano collegate a quelle comprate online, non c’e’ abbastanza informazione ai consumatori su cosa stanno facendo e che diritti hanno”, spiega Christine Bannan, dell’Electronic Privacy Information Center (EPIC). Qualche settimana fa Unicredit ha interrotto le interazioni con Facebook giudicando il social network “non etico”.“Prima di lanciare questo prodotto in versione beta lo scorso anno, abbiamo sviluppato una nuova tecnologia di crittografia in doppio cieco che impedisce sia a Google sia ai nostri partner di visualizzare le informazioni personali identificabili degli utenti. Non abbiamo accesso a nessuna informazione personale dalle carte di credito e di debito dei nostri partner, né condividiamo alcuna informazione personale con i nostri partner. Gli utenti Google possono fare opt out in qualsiasi momento utilizzando gli strumenti gestione Attività Web e App”, questo il commento di un portavoce di Google.
– Negli Usa Microsoft ha annunciato che lavorerà solo con compagnie che riconoscono il congedo parentale retribuito ai propri dipendenti, un benefit che la casa di Redmond già garantisce ai propri dipendenti ma non ai ‘contractor’. La rivoluzione, in un paese in cui il congedo esiste solo in cinque Stati, riguarderà oltre mille aziende, dalle ditte di pulizia ai fornitori.
Ai lavoratori, spiega in un post sul proprio blog il vicepresidente di Microsoft Dev Stahlkopf, dovrà essere riconosciuto almeno il 66% dello stipendio o un massimo di mille dollari a settimana per tre mesi. “Questo cambiamento – spiega – dovrà essere applicato a tutti i genitori impiegati dai nostri fornitori che non vanno al lavoro per una nascita o un’adozione.
Vale per tutte le aziende con più di 50 dipendenti”. Non è la prima volta che Microsoft fa da apripista nel settore dei diritti dei lavoratori. Come fa notare l’edizione Usa di Wired, nel 2015 la compagnia ha iniziato a chiedere ai fornitori di dare 15 giorni di ferie pagate l’anno ai dipendenti, oltre a riconoscere la malattia, iniziativa poi copiata da altri big della tecnologia come Facebook. [print-me title=”STAMPA”]