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POLITICA IL PUNTO: Salvini-Cav mattatori in Sardegna ma Zedda ci crede Caos allevatori, Salvini “garantisce” voto. Di Maio polemizza Roberto FormigoniPer quasi 20 anni a capo della Lombardia con aspirazioni nazionali

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Ultimo aggiornamento 23 Febbraio, 2019, 06:33:12 di Maurizio Barra

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Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ancora protagonisti di questa giornata conclusiva di campagna elettorale sarda. Il primo ribadisce che la scelta è tra la Lega e la sinistra, mentre il secondo ricorda che il voto a Forza Italia è l’unico in grado di cacciare i Cinque Stelle dal governo, “più pericolosi dei comunisti”. Mentre il candidato del centrosinistra, Massimo Zedda, crede che “cambiare sia difficile, ma possibile”, il Cavaliere e il Ministro dell’Interno, da Cagliari, tornano a infiammare l’eterno duello interno al centrodestra che, a seconda dell’esito del voto sardo, avrà una rilevanza sul piano nazionale. Un test regionale che, come già accaduto in Abruzzo, fornirà un dato anche sui rapporti di forza all’interno della maggioranza gialloverde, in perenne tensione sul dossier Tav.
Non a caso, anche Luigi Di Maio, è a Cagliari per chiudere la campagna del Movimento. Ma lo fa un po’ defilato: invece della piazza, il vicepremier e capo politico dei Cinque Stelle incontra simpatizzanti ed elettori in un salone stipato come un uovo del T Hotel, lo stesso albergo che ieri ha ospitato la conferenza stampa dei tre leader del centrodestra. Ma non perde l’occasione per polemizzare con il suo alleato-antagonista Matteo Salvini il quale aveva garantito sul voto nei seggi e di chiudere la vertenza con gli allevatori in 48 ore. “Lo dico da ministro. Anche io sto con i pastori, ma non dico che si trova una soluzione e un’intesa in 24 ore”. Silvio Berlusconi, durante una passeggiata al Poetto, ribadisce che il “centrodestra è l’alleanza naturale”, difende Roberto Formigoni definendolo “il migliore governatore in assoluti di tutti”. Quindi torna a duellare con il leader della Lega, sempre sul tema della Tav.
In mattinata Salvini aveva ribadito che la mozione di maggioranza non rappresenta assolutamente “un blocco”, rilanciando la validità dell’opera. E il Cavaliere, commenta a caldo: “Matteo Salvini si è corretto, la Tav si deve fare”. Quindi, in serata, su Canale 5, infierisce sull’alleanza gialloverde, dicendosi sicuro di una rottura. “Saranno i fatti a costringere la Lega” a lasciare il M5S “e a venire con noi” dopo le europee. “Ci saranno molti leghisti – scommette Berlusconi – che imporranno un cambiamento”. L’incognita della trattativa sul latte e l’eclatante protesta di questi giorni dei pastori restano comunque il tema centrale della campagna elettorale sarda. Dopo il flop della riunione sui prezzi di ieri a Roma, malgrado gli sforzi dell’esecutivo, il confronto è ancora appeso a un filo e certamente non si arriverà a un accordo tra le parti prima del voto. Così si respira un clima di incertezza che potrebbe condizionare in qualche modo il corso elettorale di domenica. Ed alimentare le speranze di rimonta,rispetto alle previsioni, di Zedda.
Settimane fa l’ala dura dei pastori aveva minacciato di essere pronta a forme di lotta, dalla semplice diserzione delle urne a eventuali blocchi ai seggi. Matteo Salvini, che da subito ha appoggiato la battaglia dei pastori, conferma che mai “ci sarà un manganello sugli allevatori”. Tuttavia, avverte che in qualità di Ministro dell’Interno ha il dovere di garantire il pacifico esercizio del voto, ricordando ai pastori che “è l’ultimo dei loro interessi bloccare il voto di domenica”. “In questi giorni hanno dimostrato tutti buon senso, quindi non penso che nessuno faccia qualcosa di strano domenica. Non è un appello – conclude i titolare del Viminale – è un grazie per come si sono comportati i pastori nei giorni scorsi e per come si comporteranno nei prossimi giorni”.

Per tutti in Regione Lombardia Roberto Formigoni è, o per lo meno era, il Celeste, lo stesso appellativo tributato all’imperatore cinese. D’altronde per quasi vent’anni – dal 1995 al 2013 – l’ormai ex governatore, condannato in via definitiva dalla Cassazione a cinque anni e dieci mesi per corruzione, ha guidato la Regione con piglio e un consenso di ampia portata, costruendone la nuova sede, un grattacielo di 161 metri, e plasmandone l’attività.Nato a Lecco nel 1947, politicamente Formigoni è cresciuto nella Dc. Si è laureato in Filosofia alla Cattolica. Ma sulla sua formazione l’impronta forte è stata soprattutto quella di don Luigi Giussani, il fondatore di Cl, di cui Formigoni è allievo, tanto da consacrare la sua vita ai precetti del movimento, un aspetto su cui gli oppositori hanno ironizzato per via delle vacanze di lusso al centro dei processi.Fondatore del Movimento Popolare, alle elezioni europee del 1984 Formigoni è stato recordman di preferenze (450mila). Rieletto nel 1989, per un periodo è stato anche vicepresidente del Parlamento europeo finché nel 1993 è arrivata la nomina a sottosegretario all’Ambiente del governo Ciampi. Con l’arrivo di Silvio Berlusconi, Formigoni ha fatto la sua scelta di campo: fuori dal Ppi per fondare il Cdu con Rocco Buttiglione, e poi confluire in Forza Italia e nel Pdl. Un lungo rapporto con il Cavaliere (non sempre idilliaco, tanto che Celeste inizialmente era un aggettivo usato ironicamente anche per distinguerlo dai veri azzurri) fino all’adesione all’Ncd di Angelino Alfano, poi Alternativa popolare e infine in Noi per l’Italia. Negli anni in cui ha guidato la Lombardia, a più riprese si è parlato di un suo salto alla politica nazionale. Per due volte – nel 2006 e nel 2008 – Formigoni è stato eletto al Senato ma ha deciso di rimanere a Milano. È in questi anni che ha maturato quella che sembra una svolta ‘pop’ con l’abito da cerimonia sostituito da cravatte sgargianti, camicie hawaiane, giacche dalla foggia poco convenzionale.Negli anni ha portato avanti una serie di riforme in Lombardia, la più importante quella del sistema sanitario, con l’apertura al settore privato. Le indagini – proprio riguardo un giro di tangenti nella sanità – lo hanno travolto nel 2012. L’anno dopo, eletto al Senato, ha abbandonato il Pirellone per diventare presidente della commissione Agricoltura. Alle scorse elezioni, candidato Noi per l’Italia, non è stato invece rieletto.Nel frattempo il processo a suo carico è andato avanti con una condanna a sei anni in primo grado, salita a sette anni e sei mesi in appello lo scorso settembre, per arrivare infine al giudizio definitivo della Cassazione con la condanna a cinque anni e dieci mesi.         [print-me title=”STAMPA”]

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