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Restano coperte da 'omissis' le chat Ciferri-Chaouqui

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Ultimo aggiornamento 26 Maggio, 2023, 22:13:06 di Maurizio Barra

Resterà coperta da ‘omissis’ la gran parte dei messaggi chat inviati a fine novembre da Genoveffa Ciferri, amica di mons. Alberto Perlasca, al promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, riguardanti anche il rapporto con l’altra testimone Francesca Immacolata Chaouqui e il modo con cui si arrivò alla stesura del memoriale di Perlasca del 31 agosto 2020, uno degli atti d’accusa del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, nell’ambito del secondo scandalo Vatileaks.

Nell’udienza di oggi, la 60ma, penultima della fase istruttoria, il Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone, ha respinto dopo un’ora di camera di consiglio l’eccezione della difesa del card. Angelo Becciu che chiedeva l’acquisizione integrale dei 126 messaggi chat, dei quali solo sei sono stati resi disponibili alle parti mentre gli altri 120 sono coperti da ‘omissis‘. Respinte anche le eccezioni delle difese di nullità del procedimento.

La decisione del Tribunale di rigettare la richiesta degli avvocati Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, difensori del card. Becciu, è stata motivata dalle “esigenze di segretezza”, che ha giudicato “insindacabili”, avanzate dall’Ufficio del promotore di giustizia perché il materiale è oggetto di un altro procedimento penale ancora nella fase delle indagini. Respinta anche la richiesta di togliere i numerosi ‘omissis’ sul verbale d’interrogatorio di mons. Perlasca. Vengono invece acquisiti agli atti del processo i messaggi chat intercorsi fra Francesca Chaouqui e lo stesso Becciu.

Il Tribunale ha rigettato inoltre la richiesta dell’imputato Gianluigi Torzi, mai presentatosi in aula nel processo, di essere sentito in videocollegamento. “In questi quasi due anni avrebbe potuto e dovuto provvedere diversamente”, ha specificato il Tribunale, che ha parlato così di “volontaria latitanza” dell’imputato. La Corte si è riservata invece sulla richiesta di sentire in aula, in “esame dibattimentale”, i consulenti tecnici e sulle decisioni da prendere riguardo ad altri testimoni che non si sono finora presentati. Tutte le difese hanno annunciato l’intenzione di impugnare l’ordinanza. Il resto dell’udienza è stato dedicato all’interrogatorio dell’imputato Raffaele Mincione, ma solo sui nuovi capi d’imputazioni aggiunti recentemente dal promotore di giustizia Diddi. Mincione, rispondendo alle domande del proprio difensore Gian Domenico Caiazza, ha affermato di non aver mai offerto, procurato, promesso o fatto avere vantagi indebiti di varia natura, oggetti di valore, viaggi, soggiorni o qualsiasi altro beneficio agli altri imputati Fabrizio Tirabassi ed Enrico Crasso.

La prossima udienza fissata dal Tribunale, quella del 13 giugno, chiuderà la fase istruttoria con l’eventuale ascolto degli ultimi testimoni, se presenti. Il presidente Pignatone ha già fissato poi sei udienze (18, 19, 20, 24, 25 e 26 luglio) per la requisitoria del promotore di giustizia, e altre cinque (27, 28 e 29 settembre, 5 e 6 ottobre) per le richieste delle parti civili. Da metà ottobre interverranno quindi le dieci difese, in media con tre udienze settimanali. Si andrà infine alla sentenza. 

 

Il commento di Angelo Becciu e della sua difesa 

“Con l’ordinanza di oggi il Tribunale ha preso atto della valutazione dell’accusa di non mettere a disposizione dei Giudici e delle difese, per esigenze di segretezza investigativa, l’intera chat inoltrata al Promotore e relativa alle genesi e alla progressione delle dichiarazioni rese da Monsignor Perlasca”. Affermano in una nota gli avvocati Viglione e Marzo. “Prendiamo atto della decisione – continuano gli avvocati -, così come del fatto che la scelta del Promotore ci consegna una prova mutilata che, al contrario, ove esibita integralmente, avrebbe consentito di ricostruire con maggiore dettaglio la macchinazione ai danni del Cardinale, la cui innocenza il processo ha dimostrato”.

Al termine dell’udienza di oggi, lo stesso cardinale Angelo Becciu afferma ai giornalisti: “Voglio manifestare la mia amarezza perché il Tribunale non ha accolto le richieste dei miei avvocati, la possibilità di avere in mano le cosiddette chat ‘omissate’, perché la difesa rimane mortificata, non può esercitare completamente il diritto di difesa se non ha tutto il materiale”. “Poi – ha proseguito – si è chiesto di far chiarezza su questa vicenda, sulla vicenda di questi tre signori, mons, Perlasca, la signora Chaouqui e la signora Ciferri, che hanno detto loro stessi di aver tramato contro di me. E’ una trama che hanno fatto“. “Addirittura questa trama ha portato a strumentalizzare il Papa – ha aggiunto Becciu -. Si son serviti del Papa per portare avanti un piano vendicativo nei miei riguardi. Non capisco perché non si faccia chiarezza su questo aspetto”. 

 “I tre sono tranquilli, liberi – ha dichiarato ancora il card. Becciu – e io sono da tre anni in questa sofferenza, sotto l’incubo di queste accuse che si stanno rivelando false”. “Non ci si può servire del Santo Padre per mandare avanti un piano così doloso come la vendetta, cosa che è stata fatta nei miei riguardi”. “Quindi io continuo a mantenere la mia fiducia nel Tribunale e spero che la verità emerga fino in fondo – ha concluso -. Però il non indagare su questa vicenda mi lascia piuttosto perplesso”. 

 

Le parole della testimone Francesca Immacolata Chaouqui

“Il cardinale Angelo Becciu continua a chiamarmi in causa stravolgendo la realtà delle cose. Lui chiama trame i fatti che stanno emergendo dal processo, ma soprattutto continua a ritenere false le accuse che gli sono rivolte, senza avere l’educazione e il rispetto per il giudice che è chiamato a stabilire dove è la verità”. Lo afferma in una nota la testimone Francesca Immacolata Chaouqui. “Il cardinale Becciu – prosegue – continua nella sua narrazione che tende a denigrare il sistema giudiziario vaticano, non fa altro che mancare di rispetto a tutte quelle persone che stanno provando a far emergere la verità sull’utilizzo dei fondi della Segreteria di Stato”.
    Secondo Chaouqui, “nel corso delle udienze Angelo Becciu ha solo ripetuto a memoria una tesi, rammaricandosi di sofferenze e false accuse senza per altro dimostrare il contrario. Anzi più volte davanti a domande importanti si è trincerato dietro ad un ‘non ricordo'”. “Mi duole sottolineare – continua – l’ennesimo tentativo di tirare per la giacca il Santo Padre, che già ha tentato di strumentalizzare registrando una telefonata privata, questo sì un fatto incontrovertibile, per cercare di ottenere da Francesco in maniera non proprio corretta, una dichiarazione da brandire in udienza. Una cosa del genere non lo so se costituisce reato, ma sicuramente non fa onore, non tanto all’uomo, quanto al prete”.

“Aggiungo tre cose – dice ancora Chaouqui -: sono orgogliosa di quello che ho fatto e lo rifarei mille altre volte, perché è stato un tentativo a supporto della verità che dovevo al Santo Padre. Seconda: se c’è una persona che sta continuando a strumentalizzare e a offendere la mia persona per spostare l’attenzione dalle sue responsabilità è lui, per questo motivo ho provveduto a querelarlo, dopo le sue dichiarazioni in udienza, in relazione al baciamano che Papa Francesco mi ha concesso, insieme ai miei figli, ad agosto scorso. In ultimo invito il cardinale Becciu a mettersi l’anima in pace per quanto riguarda la sottoscritta: accettando la mia nomina in Cosea, mi sono assunta la responsabilità di verità e trasparenza dovuta al Papa a qualunque costo. Per chiudere una domanda a Sua Eminenza e ai suoi legali: perché invece di difendervi dalle accuse, continuate ad essere ossessionati da me? Perché vi faccio così paura?”.

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