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CINEMA, SPETTACOLI, MUSICA E CULTURA: TUTTI GLI AGGIORNAMENTI. DELLE 09:52 ed 11:50 DI OGGI, LUNEDì 4 GIUGNO 2018

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Ultimo aggiornamento 4 Giugno, 2018, 09:51:51 di Maurizio Barra

Eleanor Oliphant salvata da gentilezza
Il fortunato romanzo d’esordio della scozzese Gail Honeyman

ROMA04 giugno 201809:52

– ROMA, 4 GIU – GAIL HONEYMAN, ELEANOR OLIPHANT STA BENISSIMO (GARZANTI, PP 344, EURO 17,90). Aspira alla medietà Eleanor Oliphant e vuole essere ignorata. Ha quasi 30 anni e si augura che le persone nel vederla “passino oltre”. Si presenta come una donna che sta bene, anzi benissimo, ma si capisce subito che in realtà non è proprio così. Nel suo fortunato romanzo d’esordio, il più venduto di sempre in Inghilterra, caso editoriale in corso di pubblicazione in 35 paesi, che diventerà un film, la scozzese Gail Honeyman ci regala un personaggio divertente e tragico, misterioso senza volerlo essere.
E’ ‘Eleanor Oliphant sta benissimo’, pubblicato in Italia da Garzanti nella traduzione di Stefano Beretta, che sembra destinato a conquistare un ampio pubblico anche nel nostro Paese, perchè Eleanor ha il coraggio di dire e fare molte cose che appartengono a ciascuno di noi. E a salvarla sarà la gentilezza.
Commercialista in uno studio di graphic design, quando qualcuno le chiede che cosa fa lei risponde che lavora in un ufficio e la conversazione finisce così. E’ una donna sola, con una storia familiare traumatica alle spalle, non ha amici, neppure tra i colleghi. Durante la pausa pranzo fa le parole crociate e quando torna a casa si prende cura di Polly, la sua piantina. Passa i week end davanti alla tv e beve vodka. E dice di essere felice così, o almeno crede di esserlo. L’inquietudine si presenta il mercoledì, giorno fisso in cui arriva, sempre alla stessa ora, la telefonata della madre agli arresti. “Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo” racconta Eleanor Oliphant che si innamora all’inizio della storia del musicista Johnnie con cui ha una relazione unilaterale e solo sul web.
Finchè qualcuno non le rivolge un gesto gentile e tutto cambia. “Suppongo che una delle ragioni per cui siamo in grado di continuare a esistere nell’arco di tempo assegnatoci in questa valle verde e azzurra di lacrime è che, per quanto remota possa sembrare, c’e’ sempre la possibilità di un cambiamento” dice la protagonista salvata dall’incantesimo della gentilezza di Raymond, un tecnico informatico che lentamente si guadagna un posto speciale nella sua vita. Eleanor scopre, in questa storia in fondo di resilienza, che c’e’ la possibilità di uno sguardo diverso sul mondo e che non si può vivere cercando in ogni istante di dimenticare il passato.
Come scrive la Honeyman nella conversazione che chiude il libro: “Se mai dovessi consigliare Eleanor, la inviterei a continuare ad aprirsi. E’ bene che sia autosufficiente e si fidi delle proprie abilità, ma anche gli altri hanno un mondo da offrire ed è proprio questo che Eleanor rischia di perdersi”.
Nata e cresciuta in Scozia, la scrittrice che ora vive a Glasgow e ha lavorato 2 anni al suo primo romanzo, è già alle prese con un nuovo libro in cui non ci sarà Eleanor. Si svolgerà “tra gli anni Quaranta e i giorni nostri. Segue le vicende di un uomo e di una donna ed è ambientato tra Londra e la Scozia” anticipa la Honeyman che ha sempre sognato di fare la scrittrice.
In sala torna un cult, 2001: Odissea nello spazio4 e 5 giugno il film seminale di Kubrick 50 anni dopo

ROMA04 giugno 201811:50

Washington, 2 aprile 1968: dopo tre mesi di isolamento totale nella sua casa-laboratorio di Abbots Mead, in aperta campagna non lontano da Londra, Stanley Kubrick presenta al pubblico e alla critica il suo lavoro piu’ ambizioso, “2001: Odissea nello spazio” dal soggetto del guru della fantascienza Arthur C. Clarke. E’ un progetto rivoluzionario e un film che entra di prepotenza nella storia del cinema: oggi si puo’ anche leggerlo come un’icona di quell’utopia esistenziale che innerva la stagione dei grandi cambiamenti e dei fermenti che, dall’America all’Europa, segnano il fatidico anno 1968. Torna in sala il 4 e il 5 giugno, a 50 anni dall’uscita.
Fin dalla concezione il film di Kubrick e’ una novita’ assoluta: alla ricerca di un soggetto di fantascienza per continuare il suo viaggio artistico nei generi piu’ popolari dell’immaginario visivo, il regista contatta Arthur C. Clarke e i due condividono a tal punto l’idea di partenza da far correre in parallelo il romanzo e la sceneggiatura. Kubrick si fa assistere dalla Nasa e da un pool di scienziati per mostrare un futuro tanto lontano quanto possibile in cui l’incontro-scontro tra l’uomo e l’intelligenza artificiale (il computer Hal 9000) abbia valenza di riflessione etica e teoretica.
“Fin dagli anni ’50 – commento’ George Lucas – la scienza ha prevalso sulla fantasia e il romanzesco e’ stato piu’ o meno abbandonato, man mano che i viaggi nello spazio e la tecnica venivano in primo piano. In questo filone, il capolavoro e’ 2001: Odissea nello spazio, uno dei miei film preferiti, in cui tutto e’ scientificamente esatto e immaginato partendo dal possibile. E’ veramente l’apice della fantascienza”. E ancora oggi molti scienziati sostengono che se i programmi nello spazio di Usa e Urss avessero mantenuto il ritmo previsto da Kubrick, buona parte delle ipotesi rese realistiche nel film si sarebbero effettivamente realizzate nello stesso tempo.
Con un salto temporale che ancora oggi lascia senza fiato, l’inizio di “2001: Odissea nello spazio” trasporta l’uomo dall’alba della preistoria al futuro usando una metafora di offesa e conquista (l’osso scagliato verso il cielo) come simbolo di una violenza ancestrale che si trasforma in astronave e quindi in uno sguardo verso la possibile evoluzione della razza umana. “Ognuno e’ libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film – ha dichiarato Kubrick -. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio”.
Per questo il racconto e’ diviso in quattro parti. Nella prima, all’alba della storia, una tribu’ di ominidi tocca la conoscenza grazie al contatto con un misterioso monolite nero venuto dallo spazio. Nella seconda, ambientata sulla Luna nel 1999, viene rinvenuto un analogo monolite che fara’ da porta verso il futuro per gli astronauti di Discovery One. La terza parte, ambientata 18 mesi dopo, vede la squadra spaziale guidata dal comandante Bowman e dal computer Hal 9000 in viaggio verso Giove sulle tracce del segnale radio emesso dal misterioso monolite. Nell’epilogo Bowman, rimasto ormai solo a bordo dell’astronave in vista di Giove, incontra di nuovo il monolite che fluttua nello spazio profondo e, grazie a questo, viene trascinato oltre il tempo fino a una misteriosa camera da letto dove si vede vecchio e morente per poi tornare neonato, feto cosmico evoluto da essere umano in una forma superiore.
Nonostante le mille interpretazioni date al cuore filosofico del film, “2001: Odissea nello spazio” rimane prima di tutto un’esperienza visiva e auditiva (e per questo emozionale) che non invecchia come si capisce bene dai mille ritorni della pellicola (rinata a nuova vita anche grazie alle tecnologie digitali) e dal suo sempreverde successo. Costato 12 milioni di dollari di 50 anni fa, il film ha piu’ che centuplicato i suoi incassi attraverso le generazioni e continua ad affascinare e sedurre gli spettatori, generando anche molte leggende. La piu’ celebre e’ quella per la quale, entrato in rapporto con la Nasa, Kubrick avrebbe poi barattato l’uso di alcune tecnologie futuribili (lenti e cineprese di avanzata concezione) in cambio di una ripresa in studio dell’allunaggio del 1969: garanzia per la Nasa ove qualcosa fosse andato male durante la documentazione di quello storico successo nella corsa spaziale.

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