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Addio a Citto Maselli, testimone del Novecento

Tempo di lettura: 4 minuti

Ultimo aggiornamento 21 Marzo, 2023, 20:00:20 di Maurizio Barra

(ANSA) – ROMA, 21 MAR – Aveva 92 anni Francesco Maselli e la
sua vita è stata un viaggio nel secolo che lo ha visto
protagonista. Che Maselli detto “Citto” avesse nel sangue la
vocazione dell’organizzatore oltre a quella dell’artista, i suoi
genitori lo scoprirono subito. Nato a Roma il 9 dicembre 1930,
ad appena 14 anni, in piena occupazione nazista, si distingueva
già alla testa dell’unione degli studenti italiani per sostenere
i movimenti di liberazione. Figlio di un critico d’arte, respira
in casa letteratura e arte (sua sorella Titina muove già i primi
passi come pittrice), incontra ospiti illustri che presto lo
spingono a partecipare alle lotte del partito comunista. A
guerra finita lascia il liceo classico, dove ha incontrato
un’amica e una compagna di battaglie politiche come Luciana
Castellina, si iscrive al Pci e nel 1949 prende il diploma del
Centro Sperimentale di Cinematografia, fondato da Luigi Chiarini
che poi lo assumerà come assistente alla regia. Ma è con
Michelangelo Antonioni che conosce davvero il set, aiuto regista
nel documentario “L’amorosa menzogna” del 1948. Tra l’elettrico
“Citto” (ben presto tutti lo conosceranno così) e il pensoso
regista ferrarese si stabilisce una corrente di simpatia e
empatia artistica che li terrà insieme, con alterne vicende, per
tutta la vita. Lavora alla sceneggiatura del film d’esordio di
Antonioni “Cronaca di un amore” (1950) e poi a “La signora senza
camelie” tre anni dopo. Intanto si fa le ossa con una serie di
memorabili documentari, a cominciare da “Bagnaia paese italiano”
del ’49, arrivando anche al festival di Cannes con “Bambini” del
’51 per il quale ottiene la collaborazione di Giorgio Bassani.
   
Il 1953 + per lui un anno di svolta: dirige l’episodio “Storia
di Caterina” per il film “Amori in città” ideato da Cesare
Zavattini e collabora con Luchino Visconti al film collettivo
“Siamo donne” nell’episodio con Anna Magnani. Sempre Visconti
gli presenta Goliarda Sapienza (che sarà la sua compagna per
anni) e garantisce per lui aiutandolo a strappare il primo
contratto per un lungometraggio nel 1955: è “Gli sbandati”,
diretto ad appena 23 anni nel ’55 e subito invitato alla Mostra
di Venezia dove Maselli si afferma come una delle più belle
sorprese del momento. In quella stagione lussureggiante di
talenti sono però ferree le regole dei gruppi intellettuali e
non corre buon sangue tra Antonioni e Visconti. Così la rottura
tra Citto e Michelangelo è brutale. I due, che si sfidavano in
gare di velocità notturne ed erano al centro di infuocate
discussioni estetiche, non si parleranno per anni, mentre il
circolo dei “viscontiani” lo accoglie a braccia aperte: oltre al
cinema per lui si aprono anche le porte della lirica (un amore
accarezzato tutta la vita) e dirige al Teatro La Fenice uno
storico “Trovatore” di Giuseppe Verdi. Appena un anno dopo
Maselli è di nuovo sul set con “La donna del giorno”, seguito da
“I delfini” del 1960 (forse una delle sue opere migliori), fino
a un capolavoro come “Gli indifferenti” (1964) dal romanzo di
Alberto Moravia. I produttori credono nel nuovo talento che
accoppia una raffinatezza di stile e una sintonia con i tempi
nuovi oltre il neorealismo ormai accademico e gli offrono buoni
contratti. Così Citto accetta la proposta di Franco Cristaldi
per un giallo ironico (“Fai in fretta ad uccidermi… ho freddo”
con Monica Vitti e Jean Sorel) e poi per la commedia “Ruba al
prossimo tuo” con Claudia Cardinale e Rock Hudson. Siamo però
ormai nel clima infuocato del ’68, il regista è in prima fila
nelle contestazioni della Mostra di Venezia, anima la storica
associazione dei cineasti (l’Anac di cui è tra i fondatori),
avverte potente il richiamo di un impegno diretto. Così si getta
a capofitto nella militanza politica, mette la sua firma sul
rivoluzionario statuto della “nuova” Biennale, fotografa
l’immobilismo snob degli intellettuali con il provocatorio
“Lettera aperta a un giornale della sera” nel 1970. Per tutto il
decennio sarà più spesso a comizi e convegni che dietro la
macchina da presa ma nel 1975 gira uno dei suoi film migliori e
più complessi: “Il sospetto di Francesco Maselli” con Gian Maria
Volonte’ militante comunista nell’Italia fascista, braccato
dalla polizia segreta dell’Ovra. Tornerà a stupire 11 anni dopo,
nel 1986, con l’intimo e inatteso “Storia d’amore” che porta la
debuttante Valeria Golino alla Coppa Volpi come miglior attrice
alla Mostra del cinema. Per lui è una nuova svolta, si
appassiona alla radiografia dei sentimenti e del femminile con
titoli come “Codice privato”, “Il segreto”, “L’alba”.
   
Nell’ultimo periodo è tornato ad un cinema più dichiaratamente
ideologico e sociale tra il televisivo “I compagni” (1999), il
documentario “Civico Zero” (2007) e il profetico “Ombre rosse”
(2009). Sperimentatore appassionato, fotografo d’avanguardia,
memorialista attento come nel suo bellissimo “Frammenti di
Novecento”, Citto Maselli insieme al collega Emidio Greco
inventa nel 2004 le “Giornate degli autori” a Venezia come già
aveva fatto più di 30 anni prima con le “Giornate del cinema
italiano” nel 1972; con l’indispensabile complicità di sua
moglie, Stefania Brai, organizza i collettivi di cineasti per
opere d’impegno civile come “Un altro mondo è possibile”,
“Lettera dalla Palestina”, “Piazza San Giovanni”. Affascinante
per la sua eleganza naturale, martellante nella dialettica,
seducente nel rapporto personale e pragmatico nella trattativa
politica, Francesco Maselli è stato davvero un uomo del
Novecento, capace però di vedere oltre: basta guardare una delle
sue fotografie per trovarvi un talento futuribile che non ha mai
avuto paura del nuovo. (ANSA).
   

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