Ultimo aggiornamento 13 Giugno, 2018, 18:34:39 di Maurizio Barra
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DI MERCOLEDì 13 GIUGNO 2018
Da un esame della saliva si potrà capire chi è più a rischio di avere il cancro alla prostata: è partita a Londra la sperimentazione del nuovo test del Dna che cerca i geni di alto rischio, che si stima siano presenti in 1 uomo su 100.
Lo studio, presentato sulla rivista Nature Genetics dai ricercatori dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Londra, coinvolge 300 uomini in tre ospedali londinesi.
Lo sviluppo di un nuovo test diagnostico di screening per la prostata si è reso necessario visto che allo stato attuale non c’è un singolo esame affidabile, ma ci si basa sull’analisi del Psa nel sangue, che può dare dei falsi positivi e a volte non coglie i casi più aggressivi, le biopsie e l’esame fisico.
In questo caso i ricercatori, dopo aver studiato oltre 140mila uomini, hanno prima identificato 63 nuove variazioni genetiche che possono aumentare il rischio di tumore alla prostata, e poi le hanno combinate nell’esame del Dna con altre 100 varianti sempre collegate a questo cancro.
“Esaminando il codice genetico di migliaia di uomini in profondità, abbiamo scoperto nuove informazioni vitali sui fattori genetici che possono predisporre a questo tumore”, precisa Ros Eeles, uno dei ricercatori. Inoltre “abbiamo dimostrato che le informazioni ricavate da più di 150 varianti genetiche possono essere combinate per avere una lettura del rischio ereditario di cancro alla prostata in un uomo”, continua.Solo gli uomini che dal test risultano più a rischio, dicono i ricercatori, dovrebbero sottoporsi a esami più approfonditi e alla biopsia, evitando indagini non necessarie negli altri casi. La sperimentazione sarà allargata a 5.000 uomini l’anno prossimo. “Questo studio ci ha dato informazioni importanti – aggiunge Paul Workman, direttore dell’Istituto di ricerca sul cancro – sulle cause di questo tumore e sul possibile ruolo del sistema immunitario, che dovrà essere tenuto in conto nel mettere a punto nuove terapie”.
La tecnica taglia-incolla del Dna aumenta il rischio di tumoriLa tecnica consiste in una sorta di ‘forbici’ molecolari della Crispr, utilizzate per correggere i difetti del Dna
La tecnica del taglia-incolla il Dna incrementerebbe il rischio di sviluppare un tumore. Questa osservazione è stata formulata da due diverse ricerche pubblicate sulla rivista scientifica “Nature Medicine“: uno dell’Istituto svedese Karolinska Institutet e l’altro dell’università finlandese di Helsinki.Suddetta tecnica consiste in una sorta di ‘forbici’ molecolari della Crispr, utilizzate per correggere i difetti del Dna, e sono attualmente oggetto di sperimentazioni nei settori dell’immunoterapia e delle malattie ereditarie del sangue.Tecnica taglia-incolla del Dna, le considerazioniGiuseppe Novelli, genetista e rettore dell’Università di Roma Tor Vergata ha espresso la sua considerazione in merito ai due studi: “Nel loro esperimento i ricercatori hanno inibito la proteina p53, che è il guardiano del genoma perchè protegge la cellula dai danni del Dna. Hanno così visto che, bloccandola, migliora l’efficacia della Crispr”.Gli fa echo Thomas Vaccari dell’Istituto di Bioscienze dell’Università Statale di Milano, aggiungendo che tale proteina elimina “le cellule danneggiate e anche le cellule tagliate e modificate dalla Crispr, le percepisce come danneggiate e cerca di eliminarle”. Tuttavia questa tecnica può comprotare dei seri problemi, in quanto “le cellule modificate con la Crispr potrebbero avere il loro guardiano del genoma meno efficiente e rimanere così esposte ad un maggior rischio di sviluppare in futuro un tumore”, prosegue Vaccari.Secondo Novelli, invece, non bisogna comunque allarmarsi: “Al momento non c’è nessuna prova che la Crispr faccia venire il cancro. Questi risultati vanno confermati con altre ricerche”. I ricercatori, ha aggiunto il genestista di Tor Vergata, “hanno fatto una prova per migliorare l’efficienza della tecnica, ma non è detto che utilizzando altri enzimi per il taglia e incolla del Dna si abbia lo stesso problema. Al momento – ha concluso Novelli – la Crispr è il sistema più accurato ed efficiente per fare terapia genica sull’uomo”.
Ricerca: Neuromed, presto diagnosi precoce delle demenze “da ipertensione”L’ipertensione è considerata un ‘killer silenzioso’, capace di danneggiare lentamente, ma con costanza, quelli che vengono definiti organi bersaglio, tra i quali il cervello
Il danno costante che l’ipertensione provoca nel cervello, e che può portare a forme di demenza progressiva, potrà essere individuato con molto anticipo rispetto alla comparsa dei sintomi. Si apre la strada alla possibilità di intervenire precocemente e combattere con maggiore efficacia queste gravi patologie. Sono i risultati di una ricerca condotta dal Dipartimento di Angiocardioneurologia e medicina traslazionale dell’Irccs Neuromed e pubblicata su ‘Cardiovascular Research’.
L’ipertensione è considerata un ‘killer silenzioso’, capace di danneggiare lentamente, ma con costanza, quelli che vengono definiti organi bersaglio, tra i quali il cervello. Oltre ad essere un fattore di rischio per l’ictus, infatti, l’ipertensione cronica, anche nei pazienti in trattamento farmacologico, può indurre un danno cronico a livello della circolazione cerebrale. Questa condizione può sfociare in patologie neurodegenerative come la demenza. “Il problema – dice Giuseppe Lembo, docente alla ‘Sapienza’ di Roma, direttore del dipartimento dell’Irccs e coordinatore dello studio clinico – è che di solito le alterazioni del sistema nervoso legate all’ipertensione vengono diagnosticate solo quando il deficit cognitivo diventa evidente, oppure quando la comune risonanza magnetica mostra chiari segni di danno cerebrale. In entrambi i casi, spesso è già troppo tardi per tentare di bloccare il processo patologico“.
Proprio per superare queste limitazioni, i ricercatori Neuromed hanno impiegato una tecnica avanzata di risonanza magnetica, la cosiddetta trattografia, o ‘tensore di diffusione’, attraverso la quale è possibile ricostruire i fasci di materia bianca per ogni soggetto e studiare l’integrità microstrutturale degli stessi, per ottenere una ‘firma’ del danno ipertensivo. Lo studio è stato condotto su un gruppo di pazienti ipertesi in trattamento farmacologico e messi a confronto con soggetti che presentavano una pressione arteriosa normale. Entrambi i gruppi sono stati anche sottoposti a una serie di test neuropsicologici per valutare le loro capacità cognitive.
“Abbiamo potuto vedere – spiega Lorenzo Carnevale, ingegnere informatico e primo autore dello studio – che, negli ipertesi, si riscontrava un deterioramento di quelle fibre nervose che collegano aree cerebrali tipicamente coinvolte nell’attenzione, nelle emozioni e nella memoria. Un aspetto importante da considerare è che tutti i pazienti studiati non manifestavano segni clinici di demenza e, ad un convenzionale esame radiologico di neuroimaging, risultavano privi di segni di danno. Naturalmente saranno necessari ulteriori studi, ma pensiamo che l’uso della trattografia potrà identificare precocemente le persone a rischio di demenza, permettendo interventi terapeutici tempestivi al fine di prevenire lo sviluppo della patologia“.
Strofinacci da cucina: ecco come mettono in pericolo la salute
Negli strofinacci da cucina si potrebbe annidare un pericolo potenzialmente mortale per la nostra salute.Gli strofinacci sono pericolosi per la nostra salute: perché e come evitarlo
Una ricerca scientifica dell’università delle Mauritius infatti ha dimostrato, che in un campione di 100 panni per uso domestico, quasi la metà è risultato contaminato da batteri pericolosi. Cosa possiamo fare per evitare questo rischio.Negli strofinacci che usiamo comunemente in cucina vivono milioni di batteri potenzialmente pericolosi per la nostra salute, che ci esporrebbero al rischio di contaminazioni e intossicazioni alimentari. Ma quale abitudini ci mettono più in pericolo?
Le cause. Le consuetudini, che secondo i ricercatori porterebbero alla proliferazione di batteri potenzialmente pericolosi per l’uomo, sarebbero molteplici: utilizzare panni polivalenti inumiditi, non lavarsi le mani correttamente, vivere in un nucleo familiare numeroso, abitudini alimentari non vegetariane.
Come evitare la contaminazione degli stracci. La ricerca conclude, che le famiglie con soggetti a rischio e più vulnerabili alle infezioni, come anziani, bambini o malati cronici, dovrebbero porre molta più attenzione alle pratiche igieniche in cucina, ad esempio evitare gli strofinacci umidi, usare panni di carta monouso.Le malattie che rischiamo. Gli studiosi hanno preso a campione 100 asciugamani di stoffa, trovandone 49 contaminati da batteri potenzialmente pericolosi.
Fra gli inquilini indesiderati più popolosi dei nostri strofinacci da cucina (quasi 2 terzi delle contaminazioni) ci sarebbero sia l’Escherichia coli sia l’Enterococcus, batteri fecali che possono portare: febbre, crampi intestinali, vomito, polmoniti.
Lo Staphylococcus aureusi invece troverebbe il suo habitat ideale negli strofinacci umidi di famiglie con abitudini alimentari carnivore ed è portatore di meningiti, shock tossico, sepsi.Conclusioni. “Il nostro studio dimostra, che la composizione familiare e le pratiche igieniche hanno influenzato il carico microbico degli strofinacci da cucina”, ha affermato la dott.ssa Susheela Biranjia-Hurdoyal“Abbiamo anche scoperto che la dieta, il tipo di utilizzo e l’uso di panni umidi, potrebbero essere molto importanti nel promuovere la crescita di potenziali batteri responsabili dell’avvelenamento Il link alla ricerca