Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Che cosa ha fatto per noi l’Europa: la protezione dei giornalisti

Tempo di lettura: 4 minuti
Nel nome di Daphne Caruana Galizia. È stata dedicata alla cronista maltese assassinata nel 2017 la legge cosiddetta “anti-Slapp” approvata il 27 febbraio scorso dal Parlamento europeo. Si tratta di nuove norme per proteggere i giornalisti e gli attivisti contro le querele temerarie volte a silenziare la stampa e minacciare la partecipazione pubblica. La direttiva, concordata con il Consiglio il 30 novembre 2023, ha l’obiettivo di garantire che le persone e le organizzazioni che lavorano su questioni di interesse pubblico, quali i diritti fondamentali, le accuse di corruzione, la protezione della democrazia o la lotta alla disinformazione godano della protezione dell’Ue contro le cause legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (in inglese “Strategic Lawsuit Against Public Participation” o, appunto, Slapp).

In quali casi si applica

La protezione dell’Ue si applicherà a tutte le cause transfrontaliere, tranne quando sia il convenuto che il ricorrente proviene dallo stesso Paese dell’Ue in cui si trova il tribunale o quando il caso è rilevante solo per uno Stato membro.

La crescita delle Slapp in Europa

La normativa si è ritenuta necessaria in seguito alla crescita delle cause Slapp in Europa. Case, una coalizione di ong, insieme all’Università di Amsterdam, ha catalogato 570 casi in oltre 10 anni, osservando un incremento tra il 2019 e il 2022. Consapevoli di questo trend, già nel 2021 i deputati hanno proposto una risoluzione nel 2021, e il tema è stato sollevato anche nelle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, la CoFoE.

Più garanzie per le vittime

I deputati hanno ottenuto, durante i negoziati con i governi dell’Ue, una maggiore protezione delle vittime grazie all’introduzione di due garanzie: l’archiviazione anticipata se la causa è infondata e la possibilità di imputare al ricorrente le spese processuali stimate, compresa la rappresentanza legale del convenuto, nonché il risarcimento dei danni. Se il convenuto chiede l’archiviazione anticipata, spetta al ricorrente dimostrare che vi sono motivi per portare avanti il procedimento. Il tribunale può anche imporre altre sanzioni ai ricorrenti, che spesso sono politici, aziende o gruppi di pressione, ad esempio condannandoli al risarcimento dei danni.

Per evitare il cosiddetto forum shopping (quando il ricorrente sceglie la giurisdizione in cui le sue possibilità di successo sono maggiori), le nuove norme prevedono che le decisioni di un Paese terzo in procedimenti infondati o abusivi nei confronti di persone o istituzioni dell’Ue non possono essere riconosciute. I governi dell’Ue dovranno garantire che le potenziali vittime di azioni legali abusive possano accedere alle informazioni sulle garanzie procedurali e sui mezzi di ricorso, tra cui il patrocinio gratuito e il sostegno finanziario e psicologico. Gli Stati membri dovranno inoltre assicurare il patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti civili transfrontalieri e pubblicare tutte le sentenze definitive ai casi Slapp e raccogliere dati dettagliati in merito.

Il voto a Strasburgo

L’Eurocamera ha approvato a stragrande maggioranza con 546 voti favorevoli, 47 contrari e 31 astensioni. Gli Stati membri hanno due anni per recepire le norme nel diritto nazionale. “Le cause Slapp sono una minaccia allo Stato di diritto e pregiudicano seriamente i diritti fondamentali alla libertà di espressione, di informazione e di associazione – ha commentato il relatore Tiemo Wölken, socialdemocratico tedesco – Sono una forma di molestia legale e un abuso del sistema giudiziario, sempre più utilizzato da individui e organizzazioni potenti per evitare il controllo pubblico”. “Con lo storico voto di oggi, la Legge Daphne (Caruana Galizia) è ormai realtà – ha scritto il 27 febbraio su X la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola – Lo abbiamo promesso. Abbiamo lavorato per questo. L’abbiamo realizzato. Sono molto orgogliosa del ruolo guida del Parlamento europeo nella Direttiva anti-Slapp che protegge giornalisti e attivisti da minacce e molestie”.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

L’attacco all’Iran irrompe al G7, Blinken aggiorna gli alleati. “No all’escalation”

Tempo di lettura: < 1 minuto

CAPRI L’attacco di questa notte all’Iran, attributo a Israele, cambia l’agenda dei lavori del G7 dei ministri degli Esteri riuniti a Capri. Antony Blinken, il segretario di Stato Usa, condivide con i partner le informazioni in possesso degli americani sull’operazione.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

La “Pietà” di Gaza vince il World Press Photo 2024: è l’immagine della donna palestinese col cadavere della nipote tra le braccia

Tempo di lettura: < 1 minuto

Il prestigioso premio di fotografia al fotoreporter di Gaza Mohammed Salem. Gli altri riconoscimenti sono andati a immagini di Ucraina, Messico, Madagascar. “Scatti capaci di suscitare empatia”

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Il clan Kennedy si mobilita: tutti con Biden per fermare la “pecora nera” della famiglia Robert Jr

Tempo di lettura: 2 minuti
NEW YORK – I Kennedy si muovono in massa per fermare la pecora nera della famiglia. Quindici contro uno. Succederà oggi. In Pennsylvania va in scena l’incontro tra quindici membri della famiglia presidenziale più famosa d’America e Joe Biden, impegnato in campagna elettorale nello Stato dove è nato, cresciuto e rischia di perderlo ai voti il 5 novembre. Tutto il clan dei Kennedy era già andato alla Casa Bianca a marzo, il giorno di San Patrizio, per posare in una foto ricordo simbolica e che avrebbe dovuto togliere ogni dubbio agli americani sul candidato che appoggeranno.

Ma nel frattempo la pecora nera, Robert Kennedy Jr, 70 anni, attivista, avvocato, complottista, leader del movimento no-vax in Usa, ha rinsaldato la sua posizione di candidato indipendente e conquistato almeno il dieci per cento nei sondaggi. È un dato che non si registrava dai tempi del miliardario texano Ross Perot, il “terzo uomo” nelle elezioni del 1992. La sua discesa in campo e il 18,9 per cento di voti ottenuto spianarono la strada verso la Casa Bianca al democratico Bill Clinton e azzopparono il presidente in carica, il repubblicano George H. W. Bush. Stavolta il risultato potrebbe essere l’opposto. Kennedy Jr può erodere i voti destinati a Biden ed è per questo che il resto della famiglia si sta mobilitando. Ad appoggiare il presidente ci sono i fratelli e sorelle dello sfidante: Joseph, Kerry, Rory, Kathleen, Maxwell e Christopher.

All’incontro, durante la campagna elettorale, sono attesi in quindici, ma anche gli altri rappresentanti del ramo familiare, tra cui altri fratelli, hanno annunciato il loro sostegno a Biden. La sorella di Kennedy Jr., Kerry, introdurrà il presidente a un evento. E lo stesso farà Joe Kennedy III, nipote del leader dei novax, a un altro appuntamento elettorale. Nessuno nasconde l’inquietudine della candidatura del parente ribelle, che ha definito il presidente la “peggiore minaccia per la democrazia americana” e difeso Donald Trump. Il tycoon ha colto l’assist, facendogli i complimenti per la candidatura e definendolo un paladino della libertà.

Biden continua a risalire nei sondaggi, ma nel 2020 ci furono almeno tre Stati – Arizona, Georgia e Wisconsin – in cui il democratico vinse per un pugno di voti. Anche lo spostamento di diecimila voti può diventare decisivo. E con Kennedy Jr in campo, un ambientalista che piace ai giovani e che per conquistarne altri ha scelto come vice l’ex signora Google, l’avvocata ecologista Nicole Shanahan, 38 anni, ex moglie del fondatore del gigante tech Sergey Brin. L’indipendente fa di tutto per creare un solco con il resto del clan: ha fatto infuriare i suoi familiari lanciando per il Super Bowl uno spot elettorale che richiamava la figura di John Fitzgerald Kennedy, il presidente ucciso nel ’63.

Dolores Huerta, storica sindacalista dei braccianti ispanici che appoggiò la candidatura di Robert Kennedy alle presidenziali del 1968, ha chiesto a Robert Jr. di ritirarsi per non compromettere il futuro democratico del Paese. Ma lui non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. Per questo il resto della famiglia ha deciso di farne uno avanti, e di farlo tutti insieme.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

World Press Photo. In quei volti invisibili, la forza espressiva del dolore

Tempo di lettura: < 1 minuto

Stringe il corpo della bambina, Inas Abu Maamar, donna palestinese di trentasei anni. E come potrebbe essere diversamente? China, stremata dal dolore, la tiene stretta, la mano posata sulla testa di lei, tutta avvolta nel sudario, ultimo segno di rispetto per i morti.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

La maggioranza degli israeliani non vuole un attacco contro l’Iran che metta a repentaglio l’alleanza con i Paesi arabi

Tempo di lettura: < 1 minuto

LONDRA – Sostanzialmente unito sulla necessità di distruggere Hamas a Gaza come risposta all’aggressione palestinese del 7 ottobre, Israele è diviso sull’opportunità di reagire all’attacco missilistico dell’Iran dei giorni scorsi. La maggior parte dell’opinione pubblica israeliana appare contraria a una rappresaglia contro Teheran, con una maggioranza addirittura di tre quarti della popolazione nel caso in cui la rappresaglia mettesse a rischio l’alleanza di sicurezza fra lo Stato ebraico e gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e…

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Francia, due bambine accoltellate davanti a scuola vicino a Strasburgo

Tempo di lettura: < 1 minuto

Due bambine di sei e undici anni sono state accoltellate davanti alla loro scuola a Souffelweyersheim, un piccolo centro nei pressi di Strasburgo, nell’Est della Francia. L’accoltellatore è stato fermato. Lo ha reso noto la gendarmeria. Secondo la gendarmeria, riporta il quotidiano Le Figaro, la bambina di undici anni è stata ferita davanti alla scuola, l’altra è stata colpita in uno spiazzo vicino.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Argentina, il governo Milei apre un nuovo fronte con i Paesi vicini: “Ospitano cellule terroristiche iraniane e di Hezbollah”

Tempo di lettura: < 1 minuto

Il governo Milei apre un altro fronte nelle crisi dei rapporti diplomatici che coinvolge tutti i Paesi dell’America Latina e accusa platealmente Bolivia e Cile di ospitare centinaia di agenti della Forza Quds, l’intelligence dei Guardiani delle Rivoluzione iraniani, e alcune cellule di Hezbollah.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Migranti alla deriva nell’Atlantico per tre mesi. Diretti alle Canarie, hanno perso la rotta e sono finiti in Brasile. Trovati nove corpi

Tempo di lettura: < 1 minuto

L’atroce scoperta di alcuni pescatori dello stato del Parà. Dai giubbotti sull’imbarcazione si evince che a bordo erano almeno in 25, partiti dalla Mauritania dopo il 17 gennaio.

source

Aggiornamenti, Mondo, Notizie, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Missili di Hezbollah sui militari israeliani, ma si cerca di evitare l’escalation con l’Iran

Tempo di lettura: 3 minuti
Tel Aviv — Sono ore di tensione per l’attesa dell’attacco israeliano contro l’Iran o i suoi cloni; ma anche di speranza per uno spiraglio diplomatico che potrebbe alleggerire la tensione, riportando un po’ di calma. Mentre continua ad aumentare il tenore degli scontri al confine con il Libano, e l’Iran ribadisce le minacce al governo israeliano in caso di attacco, in realtà dietro il muro contro muro delle dichiarazioni ufficiali si fa strada il tentativo di trovare una soluzione che consenta — sia a Teheran che a Israele — di uscire dal vicolo cieco in cui si sono infilati.

L’attacco alla sede diplomatica iraniana a Damasco e la nuvola di missili e droni spedita da Teheran contro le città israeliane, in gran parte annientata dalla contraerea, rischiano di innescare una guerra regionale che deve essere sventata. Nei giorni scorsi questa escalation è arrivata a un pelo dal compiersi. Secondo «cinque fonti israeliane e statunitensi» citate ieri da Axios, «lunedì notte Israele ha preso in considerazione l’idea di effettuare un attacco di ritorsione contro l’Iran, ma alla fine ha deciso di rinviarlo». La decisione di scatenare immediatamente la rappresaglia per l’attacco iraniano di sabato notte sarebbe stata valutata attentamente, nel corso del gabinetto di guerra di lunedì, e poi accantonata.

Nelle dichiarazioni ufficiali, il premier Benyamin Netanyahu tira dritto avvertendo i partner che la decisione non spetta a loro: «Apprezzo tutti i suggerimenti e consigli ma voglio che sia chiaro: prenderemo le nostre decisioni e lo Stato di Israele farà tutto il necessario per difendersi», dice dopo aver incontrato il ministro degli Esteri britannico, David Cameron, e la tedesca Annalena Baerbock. Sono volati a Gerusalemme per chiedere di evitare l’escalation nella regione: «La necessità è tornare a concentrarsi su Hamas, sugli ostaggi, sull’arrivo degli aiuti e su una pausa nel conflitto a Gaza», dice Cameron. Una tesi, riportare al centro la lotta ad Hamas e la liberazione degli ostaggi, che ha molti seguaci anche in Israele. «Occorre la massima moderazione. Non è cedere ma evitare una guerra regionale», ribadisce la ministra tedesca Baerbock.

A Teheran la litania non è cambiata: «L’attacco dell’Iran contro Israele è stata un’azione limitata e punitiva. Se i sionisti intraprenderanno qualsiasi azione contro i nostri interessi, la risposta dell’Iran sarà molto più dura», minaccia il presidente Ebrahim Raisi mentre il comandante dell’aviazione militare Hamid Vahedi “consiglia” di «non commettere un errore strategico: l’Iran è pronto a colpirli, soprattutto con i caccia Sukhoi 24, i bombardieri tattici supersonici russi» che da due anni mettono a ferro e fuoco l’Ucraina, dove però non incrociano (ancora) gli F16 né gli F35. Intanto secondo il Wall Street Journal l’Iran ha evacuato alcune sue basi in Siria per timore della rappresaglia.

Questa è la pagina ufficiale, quella delle dichiarazioni in chiaro. Ma dietro il sipario il tentativo di quadrare il cerchio è evidente. L’imposizione delle sanzioni, e forse l’appoggio a una risposta limitata e concordata in anticipo con i partner e le potenze regionali — come hanno fatto gli iraniani — potrebbero disinnescare la miccia. Ma un accordo in questo senso tra Israele e l’Occidente, a quanto pare, non è ancora stato raggiunto: dovrebbe contenere anche un capitolo sulla questione umanitaria a Gaza, su cui ancora non ci sono veri spiragli tanto che l’Onu continua ad accusare Israele di «fare un passo avanti e uno indietro». E il Qatar parla di «stallo» anche nelle trattative sul cessate il fuoco. Nel frattempo, però, anche qui si vedono segnali: per la prima volta, dall’inizio della guerra nella Striscia sono arrivati aiuti umanitari via nave, scaricati nel porto di Ashdod la cui apertura era stata approvata a inizio aprile.

Dove invece non si tratta, ma si spara quotidianamente, è al confine con il Libano: in risposta ai tre omicidi mirati di martedì nel Sud del Libano, ieri Hezbollah ha colpito al Aramshe, un paesino abitato da arabi nel Nord di Israele, e la base di ricognizione aerea di Monte Meron «ferendo 14 soldati e 4 civili». Israele ha risposto colpendo le batterie da cui sono partiti i colpi e «un complesso e infrastrutture militari a Naqura e Yarine».

source