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Attacco a Sellafield: hacker violano il sito nucleare più importante del Regno Unito
Il quadro che dipinge il Guardian non è affatto confortante: le autorità si sarebbero rese conto della falla informatica per molto tempo e ancora oggi non sono in grado di stimare i danni e il livello di informazioni rubate dagli hacker nei computer dell’impianto atomico da 6 chilometri quadrati sulla costa della contea di Cumbria. Ma si teme che i malintenzionati abbiano carpito materiale top secret. Perché Sellafield, centrale costruita 70 anni fa e che un tempo si chiamava Windscale, è stato uno snodo focale della produzione di plutonio durante la Guerra Fredda. E oggi, tuttora funzionante, è considerato “l’impianto nucleare più pericoloso”, anche perché negli anni ha accolto le scorie nucleari di vari Paesi europei, inclusi Svezia e Italia, prima che quest’ultima decidesse di rinunciare all’atomo.
Non solo: sempre secondo il quotidiano inglese, il caso sarebbe stato insabbiato fino a oggi dalle autorità e il caso degli hackeraggi non sarebbe stato comunicato alla nazione. Anche per questo è tuttora difficile conoscerne le conseguenze. L’authority in questione, l’organismo indipendente Office for Nuclear Regulation (Onr), parla di “cover-up” e presto chiamerà a testimoniare vari responsabili della centrale e del governo. Al momento, si limita a dire che “le indagini sono in corso e non possiamo commentare oltre”. Tuttavia, il problema dei server insicuri sarebbe durato così a lungo e avrebbe esposto così gravemente la sicurezza del sito e nazionale, che a lungo andare sarebbe stato chiamato dagli addetti al lavori “Lord Voldemort”, come il cattivo di Harry Potter. Secondo l’inchiesta, Sellafield ha contenuto negli anni documenti nazionali riservatissimi, inclusi quelli sulla reazione in caso di attacco straniero.
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Dal punto di vista del risiko geopolitico, la questione del referendum tenuto in Venezuela per rivendicare la regione di Essequibo si riduce a questa domanda. Perché è vero che, attaccando il Paese confinante, Caracas caccerebbe gli americani di Exxon, e anche gli italiani di Saipem.
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Condannato lo youtuber che si è schiantato apposta con il suo aereo

Trevor Jacob era stato anche un ottimo snowborder, era riuscito ad andare alle Olimpiadi di Sochi con la squadra americana. Sarebbe stato meglio se fosse rimasto con i piedi sulla tavola.

Si è schiantato apposta non solo per filmarsi, ma anche per pubblicizzare un portafogli. Che collegamento possa avere uno spot con un aereo che cade è da capire. Non è stato difficile invece intuire che lo schianto fosse inscenato. Lo youtuber era salito indossando già il paracadute, anche se era in diretta social e i suoi follower si chiedevano il perché.

Non ha rispettato il protocollo, non ha cercato un’area di atterraggio, non ha attivato una procedura d’emergenza. Ma il cellulare sì. E mentre l’aereo è andato a fuoco sulle alture della California il video «I Crashed My Plane», condiviso sulla piattaforma alla vigilia di Natale 2021 inizia a macinare visualizzazioni. I federali si sono insospettiti e lui ha recuperato i rottami il giorno dopo e li ha fatti a pezzettini: voleva evitare che le indagini lo smascherassero, ma un video così goffo visto milioni di volte è stato sufficiente.

Gli era stata subito revocata la licenza di volo, dopo un anno e mezzo è arrivata la condanna. Passerà i prossimi mesi in carcere. Sono solo sei. per uno che ha rischiato 20 anni, quelli sì, voleranno.