Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Ozon, racconto di femminismo e #MeToo in commedia

Tempo di lettura: 2 minuti
Certo che ci sono i riferimenti al caso Weinstein e al #MeToo nel nuovo film di François Ozon MON CRIME – LA COLPEVOLE SONO IO, in sala dal 25 aprile con BIM. E certo anche che gli abusi sessuali perpetrati nella stanza del produttore sono così moderni da far quasi sparire quegli anni ’30 in cui il film è ambientato. Ma poi, se si guarda alle due protagoniste, fuori da contesto ambientale e costumi, ci si accorge che sono del tutto contemporanee, anzi sono già nel futuro. Ovvero Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz), aspirante attrice molto carina, ma senza un franco in tasca e con poco futuro professionale, e la sua amica e coinquilina Pauline (Rebecca Marder), avvocata, senza cause, ma all’avanguardia come idee e scaltrezza.

Questo lo scenario: Madeleine ha un innamorato, figlio di un industriale degli pneumatici sull’orlo del fallimento che però preferisce impalmare una donna con cospicua dote. E questo finché Madeleine viene accusata di aver assassinato un importante produttore. Ora, al di là del fatto se la ragazza sia davvero colpevole, Pauline mette in campo un espediente geniale: ammettere il crimine anziché negarlo e cavalcare il tema della più che legittima difesa, visto che il tycoon l’aveva pesantemente importunata durante un colloquio di lavoro. “Il #MeToo è stato utile nel mettere in luce un problema in un ambiente così gerarchizzato come il cinema dove gli abusi non sono mancati e non mancano – dice oggi a Roma Ozon -. Certo, non c’è nessuna rivoluzione senza eccessi, basti pensare a quello che sta succedendo in questi giorni in Francia. Così le mie due protagoniste sono costrette a ricorrere alla violenza, al crimine. Negli anni Trenta queste due donne che alternativa avevano? Non avevano diritto di voto e, per sposarsi, dovevano portare una dote”. Verità o bugia poco importa, ma come si vede appunto in MON CRIME, in breve Madeleine diventa un’icona femminista e la sua carriera decolla.

E ancora il regista: “È vero, è come la terza parte di una trilogia sulla condizione femminile dopo OTTO DONNE E UN MISTERO e POTICHE. C’era la voglia di tornare alla commedia dopo il lockdown e dopo aver fatto tanti film drammatici avevo il desiderio di qualcosa di più leggero ed è stato allora che ho scoperto questa piece (del 1934, scritta da Georges Berr e Louis Verneuil, ndr)”. Il regista non nasconde poi il debito verso il cinema americano degli anni Trenta e Quaranta: “Ho da sempre una grande passione per la screwball comedy, genere nato negli Stati Uniti per lo più da registi tedeschi in fuga dal nazismo come Ernst Lubitsch e Billy Wilder. Avevo voglia di rievocare quello spirito, quel modo di raccontare”. Nel ricco cast di MON CRIME Dany Boon, Fabrice Luchini e André Dussollier e, infine, un’Isabelle Huppert nel ruolo di della diva del muto furbissima: “La cosa divertente è che nella piece il suo ruolo è maschile. Se ci fate caso, ha un modo di esprimersi da vero carrettiere”.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Lo Cascio tra teatro, cinema e libri pensando alla regia

Tempo di lettura: 2 minuti
Un film nelle sale, ‘Delta’ di Michele Vannucci, di cui è coprotagonista con Alessandro Borghi. Ha un libro a giorni in uscita, “Storielle per granchi e per scorpioni”. E’ in teatro con Pa’, diretto da Marco Tullio Giordana, opera tratta dalle poesie di Pasolini scritta con lo stesso Giordana, e già pensa al prossimo film da regista, il secondo da lui diretto, che comincerà a girare nell’estate del 2024. Dire che è un artista poliedrico è persino poco per Luigi Lo Cascio che il 29 marzo al Bif&st di Bari riceverà il premio “Federico Fellini platinum Aword” nel teatro Petruzzelli dove, intervistato Enrico Magrelli, ha tenuto una seguitissima masterclass dopo la proiezione della sua opera prima come regista “La città ideale”.

Il racconto della sua vita, la passione per il teatro e la scoperta del cinema, gli anni bellissimi dell’Accademia e infine l’approdo alla regia si sono srotolati tra ironia e progetti futuri nell’incontro durante il quale Lo Cascio ha rivelato che però, in fondo, la cosa che più gli piace fare è scrivere. “La scrittura per me è un’esperienza giornaliera, una sorta di diario di bordo – ha detto – non è detto che devi fare per forza un libro”. Cosa che però è successa con il testo che uscirà a giorni, anche in questo caso una seconda opera, “che è una serie di racconti non solo autobiografici, ma di cose che mi hanno colpito. Delle storielle che vanno ‘prese con le pinze'”. Parla della madre Aida Burruano, che ha recitato nel suo primo film La città ideale, e racconta del suo disappunto quando ha scoperto che il suo nome digitato su Google era associato alla professione di attrice e non a quella amata, fatta per tutta la vita, di insegnante. E dello zio Luigi Maria Burruano, che lo presentò a Marco Tullio Giordana che gli propose di fare I cento passi, film che lo rese famoso per il grande pubblico. Quella telefonata, racconta Lo Cascio, “arrivò in un giorno in cui ero disperato perché il regista con cui stavo lavorando in teatro mi aveva praticamente licenziato”. “Bisogna essere pronti – dice – non avevo mai pensato di fare cinema (avevo il complesso dell’attore di teatro) e quella telefonata di mio zio che mi voleva presentare a Giordana mi ha cambiato la vita”. “E’ stato un colpo di fortuna, arriva il caso, si affaccia e tu devi farti trovare pronto. Dopo quella conversazione feci i provini e fui preso per il film. Il caso, che in genere si abbatte per distruggerti, in quella occasione mi ha risollevato”.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Il museo di George Lucas aprirà a Los Angeles nel 2025

Tempo di lettura: < 1 minuti

(ANSA) – NEW YORK, 29 MAR – La posa della prima pietra nel
2018, l’apertura nel 2025. Dopo diversi incidenti di percorso
c’è finalmente una data per l’inaugurazione del ‘Lucas Museum of
Narrative Art’, creatura del regista di Guerre stellari e
Indiana Jones, George Lucas. Lo si legge sul sito internet del
museo.
L’enorme complesso da un miliardo di dollari, finanziato
principalmente dallo stesso regista e dalla moglie Mellody
Hobson, avrebbe dovuto aprire quest’anno, ma si è trascinato
dietro i ritardi causati dalla pandemia e quindi è slittato
tutto di due anni.
Il museo futuristico di circa 28 mila mq su cinque piani si
trova di fronte al Los Angeles Memorial Coliseum, dall’alto ha
la forma di una pancia arcuata ed è stato disegnato da Ma
Yansong (Ordos Museum, in Cina, ndr) di MAD Architects. Lo
spazio espositivo è grande al punto da riempire un campo e mezzo
da football. Sarà dotato anche di una sala teatro da 299 posti.

Nonostante si chiami Lucas Museum of Narrative Art non sarà
una celebrazione della carriera cinematografica di Lucas. Come
dice lo stesso nome, sarà un centro dedicato all’arte di
raccontare storie. (ANSA).
   

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Esce il trailer del nuovo film "sovversivo" di Nanni Moretti

Tempo di lettura: < 1 minuti

(ANSA) – ROMA, 29 MAR – “Il tuo film è un film sovversivo”,
dice un sorridente Mathieu Amalric mentre scorrazza per Roma in
monopattino, sulle note di Voglio vederti danzare di Franco
Battiato, insieme a Nanni Moretti, che risponde: “Pierre, non
esagerare dai”. E’ la prima scena del trailer de Il sol
dell’avvenire, diffuso oggi sul profilo Instagram del regista.
   
Il film è dato tra i titoli che probabilmente faranno parte
della selezione del festival di Cannes (16-27 maggio) e l’uscita
precedente, il 20 aprile, è non solo ammessa, ma anche una
tradizione per i film di Moretti andati a Cannes.
   
Ci sono tutti gli ingredienti tipici dei film più amati del
regista romano, che dirige una pellicola, ambientata in un
circo, anche nella finzione come emerge dal trailer. Dove tra
gli altri compare Silvio Orlando, che confessa di aver
finalmente realizzato il sogno di interpretare un personaggio
che muore impiccato. Poi c’è il rapporto di Nanni con la moglie
Margherita Buy, con l’immancabile terapia di coppia. Un incontro
con i responsabili di Netflix per mandare in onda il film, che
giudicano poco esplosivo. E ancora, tra le note di Lontano
lontano di Luigi Tenco e Think di Aretha Franklin, appaiono
altri interpreti del film come Barbora Bobulova, Elena Lietti e
Valentina Romani.
Recentemente era stato pubblicato il poster del film: uno
sfondo a raggi giallo, un cerchio rosso al centro e un uomo
appeso su un’altalena che guarda in su. Nel cast anche Jerzy
Stuhr, Laura Nardi, Beniamino Marcone, Rosario Lisma, Flavio
Furno, Francesco Brandi. Girato a Cinecittà, prodotto dalla
Sacher Film e da Fandango con Rai Cinema, il film sarà
distribuito da 01. (ANSA).
   

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Elodie premiata al Bif&st, vorrei ritagliare tempo per il cinema

Tempo di lettura: < 1 minuti

(ANSA) – BARI, 29 MAR – In un teatro Petruzzelli gremito
Elodie ha ricevuto dal Bif&st il premio ‘Silvana Mangano’ come
attrice rivelazione per la sua interpretazione nel film ‘Ti
mangio il cuore’, diretto dal regista pugliese Pippo Mezzapesa.
   
“Sono emozionata e non me lo aspettavo”, ha detto dal palco. “E’
incredibile, la vita ti regala grandi sorprese”. Ai giornalisti
che le hanno chiesto se tornerebbe sul set, Elodie ha risposto
“prima la musica, poi il set”, aggiungendo: “vorrei ritagliare
del tempo” per il cinema, “è veramente una cosa speciale. Quando
ci saranno dei personaggi, se accadrà, lo farò con tantissimo
amore e dedizione”.
   
Elodie ha raccontato di conoscere bene la Puglia, “ci ho
lavorato tanto, in Salento. E’ una terra che amo
particolarmente”.
   
Molto soddisfatto del suo esordio come attrice è il regista
Mezzapesa. “Elodie è stata una scelta istintiva, l’ho associata
al personaggio che avrebbe dovuto interpretare perché è una
donna di grande forza ma anche sensibilità – ha detto -. Lei ha
avuto il grande merito di accettare con coraggio la sfida e di
affrontarla con enorme umiltà e grande senso del lavoro”. Un
dettaglio, questo, che “nell’interpretazione che ci ha regalato
è stato evidente”, ha aggiunto il regista. (ANSA).
   

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Veltroni, in Quando nessuna nostalgia, ma speranza per il futuro

Tempo di lettura: 2 minuti
Nonostante la storia, che poteva ammantarsi di ideologia, QUANDO di Walter Veltroni non si può dire sia un’operazione nostalgica, ma piuttosto un film sull’eterno valore dei sentimenti. “Non c’è nostalgia in questo film, ma casomai speranza nel futuro” dice stamani Veltroni al Bif&st del nuovo film in sala il 30 marzo con Vision Distribution e tratto dal libro omonimo dello stesso autore. In QUANDO di scena la singolare vita di Giovanni Piovasco (Neri Marcorè) che, causa forza maggiore, va in pausa nell’estate del 1984 a Piazza San Giovanni. Qui durante la commemorazione per la morte di Enrico Berlinguer, l’asta di una bandiera cade sulla testa di Giovanni. Per lui trentuno anni di coma e, alla fine, un inaspettato risveglio nel segno dell’Internazionale che si ritrova a cantare. Certo per l’uomo, ormai cinquantenne, tutto è cambiato dopo trenta anni: il suo mondo non c’è, non c’è più la famiglia e l’amata fidanzata Flavia. E non c’è più neppure l’amato partito Comunista. È tutto nuovo. A fargli da guida ci sarà Giulia (Valeria Solarino), una tormentata suora che si è presa cura di lui negli ultimi anni della sua degenza, e Leo (Fabrizio Ciavoni), un ragazzo problematico affetto da mutismo selettivo. Grazie a loro, Giovanni troverà il modo di riuscire a comprendere la sua nuova esistenza e ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Francesca, la figlia avuta nella sua precedente vita. Nel cast anche: Olivia Corsini, Gianmarco Tognazzi, Dharma Mangia Woods, Ninni Bruschetta, Anita Zagaria, Elena Di Cioccio, Carlotta Gamba, Luca Maria Vanuccini e l’amichevole partecipazione di Massimiliano Bruno, Michele Foresta, Stefano Fresi, Andrea Salerno, Luca Vendruscolo, Pierluigi Battista e Renato De Angelis. “Certo – spiega Veltroni al Bif&st – c’era già un romanzo sull’argomento, ma che risale a qualche anno fa. Questo film, come il libro, è ambientato nel 2014 e da allora, va detto, è passato quasi un decennio carico di avvenimenti. QUANDO è un film che parla di una nuova nascita, un film sulla ricerca del vuoto”. E ancora sullo sguardo spiega: “Mi piace la libertà dello sguardo, l’ assenza di sovrastrutture di chi, come i ragazzi, non hanno troppi condizionamenti, un mondo in cui la dimensione personale si interseca nella grande storia”. C’è poi chi chiede a Veltroni: le manca il partito? “No – ribadisce – nessuna nostalgia se non nella sfera personale. Era un posto dove si stava bene, ci si sentiva tutti dalla stessa parte, si discuteva, ma nel film spero di trasmettere un senso di speranza. Non è vero insomma che tutto è finito, credo invece ci sia una luce fuori”. Spiega infine a Bari Neri Marcoré del suo singolare ingaggio nel film. “Avevo fatto una traversata oceanica in barca e mi ero portato diversi libri da leggere tra cui QUANDO. Finito il viaggio, ho subito telefonato a Veltroni dicendo che il libro mi era piaciuto molto e suggerendogli poi di farne un film. E lui mi ha subito detto che ci stava già lavorando”.

source

Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Corte olandese non vieta film porno con Houellebecq protagonista

Tempo di lettura: 2 minuti

(ANSA) – ROMA, 28 MAR – Un tribunale olandese ha respinto la
richiesta di Michel Houellebecq di vietare “Kirac 27”, film
sessualmente esplicito di cui è protagonista lo stesso
scrittore. Della pellicola è stato rilasciato, al momento, solo
un trailer nel quale si vede l’autore francese baciare a torso
nudo una donna.
   
Una scena che ha mandato su tutte le furie il protagonista,
che ritiene di aver subito un danno alla sua reputazione in
quanto sarebbe stato ritratto come una “porno star”. Il giudice
di Amsterdam, definendo “incomprensibile” che Houellebecq non
abbia capito il contratto che ha firmato con il regista olandese
Stefan Ruitenbeek per recitare nel film erotico, ha rifiutato la
richiesta dello scrittore di vietare il film e lo ha condannato
a pagare le spese legali di 1.393 euro.
   
“È incomprensibile il motivo per cui Houellebecq abbia
partecipato alle registrazioni se ha trovato l’accordo
problematico”, ha affermato il giudice nella sentenza. Il
giudice olandese ha ritenuto che, sebbene il contratto fosse
“tutt’altro che equilibrato” e concedesse al regista ampi
diritti, non era illegale. Non c’erano, inoltre prove
sufficienti per stabilire “che il suo giudizio fosse compromesso
dalla stanchezza e dall’alcol” o dalla depressione, si legge
ancora nella sentenza.
   
Recentemente, la moglie di Houellebecq, Qianyum Lysis Li,
aveva spiegato che la scelta di girare il film era legata alla
depressione dello scrittore e per combatterla lei stessa gli
avrebbe proposto di girare un porno. Lo scrittore ha trovato il
verdetto “molto deludente”, ha detto all’AFP il suo avvocato
olandese Jacqueline Schaap. “Il signor Houellebecq sta
seriamente considerando un appello urgente”, ha detto in una
nota. Il regista Ruitenbeek si è, invece, detto sollevato dalla
decisione.
   
A febbraio anche un tribunale francese aveva respinto la
richiesta di Houellebecq. (ANSA).
   

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Piemonte, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Smutniak, in Pantafa la paura essere genitori inadeguati

Tempo di lettura: 2 minuti

Quando “la paura ha una base, qualcosa con cui ci possiamo identificare diventa più profonda. Qui ha un volto, un nome, ed è incarnata da una figura femminile, legata a una senso di soffocamento. Ci si accosta così anche al racconto del rapporto fra una madre e una figlia, e a una delle più grandi paure per i genitori, sentirsi inadeguati, non all’altezza. Un tema che il genere consente di affrontare in maniera più diretta e schietta”. Lo dice Kasia Smutniak parlando del folk thriller horror di cui è protagonista, Pantafa di Emanuele Scaringi, che dopo il debutto al Torino Film Festival arriva in sala dal 30 marzo in 90 copie con Fandango (anche produttore con Rai Cinema). Il film nasce da una leggenda popolare che in più varianti è presente in molte zone d’Italia e anche all’estero (fra le altre, pantafica nelle Marche e in Abruzzo, fantàsima in Toscana e Umbria, la carcaveja in Piemonte o il kanashibari in Estremo Oriente) su una figura spettrale (a seconda dei racconti prende varie forme, da strega, a gatto nero a gnomo) che si manifesta sul petto di persone dormienti impedendogli di respirare. Spiega l’attrice: “Il punto di partenza è molto reale, le paralisi ipnagogiche (disturbo del sonno che provoca apnee notturne e a volte può causare stati allucinatori) colpiscono circa l’8% della popolazione”. Il film “poi ruota intorno a universo femminile: ci sono una madre, la figlia ma anche una signora di un’altra generazione (Betti Pedrazzi) che tramanda il proprio sapere”. Al centro del racconto c’è Marta (Smutniak), mamma single, inquieta e ribelle che porta la figlia Nina (l’esordiente Greta Santi), affetta da paralisi ipnagogiche a vivere in un paesino delle montagne abruzzesi, Malanotte, sperando che l’aria salubre e i ritmi più lenti aiutino la piccola a guarire. Gli abitanti del paesino però accolgono le ‘forestiere’ con diffidenza e in giro non si vedono bambini, perché si teme diventino vittime della pantafa, strega che opprime e si impossessa dei più piccoli. A cercare di difenderla, c’è Orsa (Pedrazzi). “Marta è un personaggio complesso e inquieto, ha un rapporto difficile con la maternità, ha paura di essere madre – spiega Kasia Smutniak – . E’ una donna che non si sente all’altezza, si sente giudicata dalla società per il modo in cui svolge il suo ruolo. Porta la figlia in questo paesino per aiutarla, ricominciare una nuova vita ma forse anche per scappare”. Il film vuole essere anche “una critica a un modello di società nel quale si esige la perfezione”, aggiunge Emanuele Scaringi, già regista di La profezia dell’Armadillo, e di serie come Bangla, al lavoro su vari altri progetti, da “una serie sul totonero a un film su Donato Bilancia, tratto dal libro di Ilaria Cavo”. Il racconto ha convinto anche il produttore Domenico Procacci, che qui per la prima volta nei 33 anni della Fandango realizza un horror. Per Kasia Smutniak la sfida più grande è stata proprio “confrontarsi con la paura tutti i giorni”. Nella vita qual è invece la sua paura più grande? “Il futuro, per tutto quello che stiamo vivendo”.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Il Cinema Ritrovato omaggia Anna Magnani a 50 anni da morte

Tempo di lettura: 2 minuti

(ANSA) – BOLOGNA, 28 MAR – Le retrospettive dedicate ad Anna
Magnani, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa (26
settembre 1973), e alla sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico sono
tra le prime anticipazioni della 37/a edizione del festival ‘Il
Cinema Ritrovato’, promosso dalla Cineteca di Bologna, in
programma dal 24 giugno al 2 luglio in sei sale della città e in
piazza Maggiore. Previste anche sezioni dedicate al regista
armeno naturalizzato statunitense Rouben Mamoulian (autore nel
1931 del ‘Dottor Jekyll’, prima trasposizione sonora del
classico di Robert Louis Stevenson), al regista giapponese
Teinosuke Kinugasa, alla direttrice della fotografia tedesca
Elfi Mikesch.
   
Anna Magnani, attrice unica e modello di stile recitativo, è
un’icona italiana, capace di lanciarsi dapprima come attrice
brillante, poi di imporsi all’attenzione internazionale con il
personaggio di Pina in ‘Roma città aperta’ e quindi di incarnare
e reinventare la maschera popolare romana, così come di
interpretare ruoli diversissimi: Camilla nella ‘Carrozza d’oro’
di Jean Renoir o la donna disperata della ‘Voce umana’ di Jean
Cocteau, trasposta sul grande schermo da Roberto Rossellini; e
poi ancora Hollywood e il Premio Oscar alla miglior attrice
protagonista (prima interprete non di lingua inglese a riceve la
statuetta nella storia dell’Academy), arrivato nel 1956 con il
personaggio di Serafina Delle Rose che Daniel Mann trasse da
Tennesse William per il suo ‘La rosa tatuata’.
   
Suso Cecchi D’Amico, nel corso di una carriera iniziata ai
tempi della nascita del Neorealismo e durata oltre sessant’anni,
ha collaborato a più di 120 film (prevalentemente, ma non
esclusivamente, italiani) diretti da esordienti o da registi
affermati. Il suo scopo non è mai stato quello di imporre le
proprie idee, ma di capire e assecondare i progetti e le
poetiche degli autori con cui ha lavorato: proporsi di
rintracciarle all’interno di film assai diversi per tono, genere
e linguaggio è lo scopo della rassegna al Cinema Ritrovato, con
una selezione di opere scelte in una filmografia ricca ed
eterogenea quale pochi altri scrittori di cinema possono
vantare. (ANSA).
   

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA


Aggiornamenti, Cinema, Notizie, Spettacoli Musica e Cultura, Ultim'ora, VIDEO NOTIZIE

Santamaria, tutti ci siamo sentiti come Super Mario

Tempo di lettura: 2 minuti
Qualche volta nella vita “ognuno di noi si è sentito ‘piccolo’ come Super Mario, quando abbiamo incontrato qualcuno che ci ha fatto sentire inadeguati. Io ho sempre trovato in me il coraggio e la forza di affrontare il vuoto che sentivo in quei momenti, la forza di colmare il mio sogno e perseguire un obiettivo. Lo fa anche il personaggio che offre uno stimolo, e così parla sia a noi adulti, che ai bambini” . Lo dice Claudio Santamaria voce italiana (nell’originale è Chris Pratt) dell’idraulico icona dei videogiochi con baffoni, tutina blu e cappello rosso, in Super Mario Bros -Il film, la trasposizione in cgi diretta da Aaron Horvath e Michael Jelenic, realizzato dalla Illumination (Cattivissimo ma, I minions) in arrivo dal 5 aprile con Universal, che coproduce con Nintendo. L’action comedy animata, riporta Santamaria dopo Batman (in versione live action, animata via Lego Movie, videogioco e podcast) e Jacob in Il mostro dei mari, a doppiare un personaggio fantasy: “La bellezza del doppiaggio è che vai al lavoro senza passare al trucco – dice sorridendo -. Poi questi personaggi sono maschere che ti permettono di giocare ancora di più. Anche se tecnicamente è molto difficile, perché devi sottostare ai tempi e ai respiri che ha fatto un altro attore. Devi trovare dentro di te quell’impulso”. Il film che arriva a 30 anni dalla trasposizione live action con Bob Hoskins, flop di critica e pubblico (per quanto a suo modo per molti appassionati, proprio per i suoi difetti, sia un piccolo cult), celebra il personaggio creato da Shigeru Miyamoto (cui coproduttore), per l’arcade Donkey Kong, ‘promosso poi protagonista dal 1983, e diventato un fenomeno mondiale con la serie di videogiochi che ha venduto oltre 396 milioni di copie, e l’intero franchise (comprese le varianti) arrivato a oltre 776 milioni in tutto il mondo. Qui ritroviamo Mario e l’inseparabile fratello Luigi, idraulici a Brooklyn che tra disavventure e mancanza di fiducia dal resto della famiglia, si ritrovano scaraventati attraverso una misteriosa tubatura sotterranea nei mondi magici minacciati del conquistatore Bowser. I due fratelli vengono separati, ma Mario con l’aiuto, fra gli altri, dell’abitante del Regno dei Funghi, Toad e la Principessa Peach si lancia a salvare il fratello e quell’universo parallelo. “Sono un grande amante del cinema d’animazione – spiega Santamaria -. Con Miyazaki, ho un rapporto di amore folle. Io non categorizzo i film, per me sono semplicemente belli o brutti. Ho pianto come un ragazzino con Toy Story 3, e mi è capitato lo stesso nelle scene tra padre e figlio in Lego movie. Temi universali, come la crescita, il superamento di una difficoltà, il perseguimento di un obiettivo ci riguardano tutti. Sono stato grande fan anche delle serie animate, da Ken il guerriero che affrontava temi importanti, a Heidi e lupin”. Santamaria ricorda anche il valore dei doppiatori italiani,”che giustamente sono considerati i migliori del mondo. Con l’avvento di tante serie e con la crescita delle piattaforme il mercato si è allargato enormemente e a volte si rischia di sacrificare la qualità per la velocità. Per consentire ai nostri doppiatori di continuare a essere i migliori c’è bisogno di remunerazione e tempi adeguati. Gli artisti vanno sempre tutelati, sennò diventa un tritacarne”

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA