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ALLE 20:01 DI MARTEDì 21 APRILE 2020
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Goal Anatomy | Come segnano le Women
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Viaggio nelle reti delle bianconere, miglior attacco del campionato
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Supercoppa Italiana in bacheca, percorso in Coppa Italia fin qui perfetto e primo posto in campionato con nove punti di vantaggio sulle inseguitrici: la stagione delle Juventus Women si è cristallizzata così, in attesa di capire che volto avrà il futuro. Risultati resi possibili da un gruppo solido e coeso, che ha dato vita alla difesa meno battuta e all’attacco più prolifico del campionato. Sono 48 le reti messe a segno fin qui in Serie A in 16 giornate disputate, cui aggiungere le 14 realizzate in Coppa Italia, le due in Supercoppa e quella firmata da Andrea Staskova, unica bianconera in gol in tutte le competizioni, in Women’s Champions League. Totale: 65 in 21 gare.
COME SEGNA LA JUVE
Tanti gol, con dei punti di forza facilmente individuabili anche senza avventurarsi nelle analisi. Uno, senza dubbio, il dominio sui palloni aerei; tante reti sono arrivate di testa, in particolare grazie a Cristiana Girelli, 16 gol in 16 gare di campionato, di cui la metà realizzate proprio così. Senza dimenticare, poi, gli altri colpi di testa importanti: da Linda Sembrant ad Andrea Staskova, passando per Sofie Pedersen e capitan Sara Gama.
Altro fattore chiave è il mancino di Valentina Cernoia, sei reti per lei quest’anno, di cui una, a onor di cronaca, con il destro. Valentina è stata spesso preziosa anche nel fornire assist e l’intesa delle bianconere ha consentito spesso di assistere a bellissime azioni che hanno reso poi più semplice il compito della finalizzatrice, punto d’arrivo di manovre che evidenziano il lavoro quotidiano svolto sotto gli ordini di coach Rita Guarino.
Non sono mancate, naturalmente, le grandi prodezze individuali. Una delle più belle senz’altro quella di Martina Rosucci contro la Roma, autrice, con un destro dalla lunghissima distanza, di uno dei più bei gol della stagione. Ovviamente in buona compagnia. Con il sinistro, sempre da distanza considerevole, si è esibita Arianna Caruso in Coppa Italia, e continuando a muoversi tra le conclusioni da fuori impossibile non citare Aurora Galli contro la Pink Sport Time Bari.
Oltre le perle ci sono stati, naturalmente, quei gol voluti con forza, spesso utili per sbloccare le partite più difficili, perché per essere sempre davanti a tutte servono anche fame e grinta, oltre alla classe, e alle bianconere non mancano di certo.
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03.04.2020 00
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Buon compleanno, Adrien!
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Rabiot spegne oggi venticinque candeline:
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Primo compleanno in bianconero per Adrien Rabiot, che compie oggi venticinque anni. Arrivato dal PSG a luglio, per lui, finora, 24 presenze con la nostra maglia tra campionato, Champions League e Coppa Italia.
Crescita. Se si dovessero descrivere i primi mesi di Adrien in bianconero questa sarebbe la parola perfetta. Una crescita voluta in estate mettendosi in discussione in un campionato nuovo e cercata giorno dopo giorno fin dal suo arrivo, in ogni sessione di allenamento e in ogni partita.
La sua volontà si è riflessa in campo, dove ha sempre risposto presente quando Mister Sarri ha puntato su di lui, indossando gli abiti necessari a completare il centrocampo: mezz’ala destra o sinistra e all’occorrenza anche regista. E siamo certi che il meglio debba ancora venire!
Buon compleanno, Adrien!
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Black&White Stories: la Juve, fra il Bayern e… Marquez!
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Un numero speciale, quello di Hurrà Juventus del luglio 2014.
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Otto scudetti consecutivi (e il nono come obiettivo concreto e realizzabile) sono pensabili? Probabilmente è questa la domanda che più serve a raccontare cosa sia stato l’ultimo decennio. Per noi che l’abbiamo vissuto da protagonisti e per gli altri che hanno provato a spezzare questa fase di dominio.
Partiamo da una considerazione di fondo: i grandi cicli sono figli di programmazioni attente, di capacità di rinnovamento proprio nelle fasi di egemonia, di voglia di mettersi in discussione da vincenti senza vivere di rendite di posizione, infrangendo quell’antica cultura conservatrice che si esprimeva un tempo nella formula “squadra che vince non si cambia”. Ma sarebbe ben poco rispettoso degli eventi che si sono succeduti considerare “normale” e logico alzare la coppa dello scudetto, perdendo così quel giusto stupore che si deve provare di fronte alla bellezza e alla difficoltà del vincere.
In altri termini, dimenticare quanti ostacoli si siano superati per arrivare fino in fondo al primo posto, spinti dalla convinzione – patrimonio genetico della Juventus da sempre – che l’orizzonte è sempre quello della partita successiva, mai guardare più in avanti se si vuole procedere spediti e – per l’appunto – attraversare i territori della Storia, della Leggenda, del Mito, scudetto dopo scudetto.
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Quante volte ci siamo sentiti dire in questi anni dai nostri giocatori che solo il futuro ci dirà davvero cosa siamo riusciti a fare e solo guardandosi indietro ci renderemo conto dell’incredibile percorso avviato dal 2011? Ebbene, proviamo a giocare agli storici del futuro, utilizziamo come fonte il numero di luglio 2014 di Hurrà Juventus che celebrava il terzo tricolore di fila – qualcosa mai vissuto dalla Signora nel secondo dopoguerra – e avventuriamoci dentro sentimenti e opinioni di quel periodo che sembra un’epoca lontana…
NOI… E GLI ALTRI
Hurrà Juventus celebrava la festa bianconera per lo Scudetto dei 102 punti e – contemporaneamente – presentava le foto degli altri club che nei principali campionati d’Europa facevano altrettanto: l’Atletico Madrid, il Psg, il Manchester City e il Bayern. E se per la squadra di Diego Simeone l’impresa rappresentava una splendida eccezione dopo 9 anni precedenti ed altri 5 successivi di consueto duopolio blanco-blaugrana, gli altri erano assimilabili alla Juventus per continuità di risultati: per il Psg e il Bayern era il secondo titolo di fila, mentre il Manchester City si era ripreso lo scettro momentaneamente lasciato ai rivali dello United e prometteva grande continuità di risultati.
Il futuro avrebbe poi detto che solo i padroni della Bundesliga sarebbero stati capaci di tenere il passo della Juve (sono staccati di una vittoria, siamo 8 a 7 di fila per noi). In Inghilterra, nei 5 tornei successivi, ci sono stati 3 vincitori diversi e anche il Psg – che pure ha giusta fama di dominatore – un inciampo l’ha avuto nel 2016-17, quando in Ligue 1 si è affermato il Monaco. Sollevare lo sguardo oltre il proprio Paese è sempre utile, fa apprezzare meglio e ancora di più quanto si vince in Italia.
OLTRE IL CALCIO
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Ma il nostro storico – alquanto precisino – sarebbe stato colpito anche da un’altra pagina di Hurrà, da un campione di motociclismo che della Juve è tifoso: Loris Capirossi. Che proponeva un paragone estremamente suggestivo tra sport diversi: “Considerati tutti i record raggiunti in questo ultimo campionato, direi che la Juve è il Marc Marquez del calcio. Entrambi hanno fatto piazza pulita degli avversari e lo spagnolo in questo inizio di Mondiale sembra proprio un vero juventino lasciando pochissimo agli altri piloti”. Stiamo parlando di un fuoriclasse vero, grande appassionato di calcio e tifoso del Barcellona, che in quel 2014 bissò il titolo ottenuto la stagione precedente, per di più lasciando intendere che agli altri sarebbero rimaste le briciole e poco altro. Ed è andata davvero così, con l’eccezione del 2015 che ha visto eccellere Jorge Lorenzo. Sei titoli in sette edizioni: nel suo essere spesso imprendibile, Marc Marquez è quasi come la Juve…
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A Casa con la Juve, episodio 9!
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Gli ospiti di oggi: Mauro Camoranesi e il duo di Radio Deejay Andrea e Michele!
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Boattin: «La Premiére indimenticabile»
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Tra ricordi e sogni: le parole di Lisa a Sky Sport
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Lisa Boattin sta vivendo questo momento a casa, come tutti, sfruttandolo anche per mettere un po’ di ordine tra i ricordi: «Ho avuto la fortuna di costruirne tanti belli: dal Mondiale Under 17 in Costa Rica al gol in Champions League con il Brescia, poi il primo scudetto con la Juve, la partita all’Allianz e il Mondiale in Francia. Il ricordo meno bello è rappresentato senza dubbio dalla medaglia della finale contro la Fiorentina in Supercoppa, quando abbiamo perso a La Spezia».
La partita dell’Allianz Stadium proprio contro le viola, la Premiére, occupa senz’altro un posto speciale: «È stata una giornata indimenticabile e ogni volta che torno per vedere i ragazzi rivivo le sensazioni che ho provato quel giorno quando siamo entrate per il riscaldamento, quando ho visto lo stadio pieno, poi il gol sotto la curva: emozioni che mi porterò per sempre dentro. Quella poi è stata una settimana particolare per me perché qualche giorno prima della partita è venuta a mancare mia nonna e io non avevo detto niente perché sapevo che era una settimana troppo importante e volevo concentrarmi sulla partita».
Spolverato il passato, si guarda al futuro e i sogni, anzi, il sogno, riporta di nuovo lì, tra le mura dell’Allianz: «Da poco è uscita la notizia, quindi perché non sognare in grande? Sogno di giocare la finale di Champions League nel nostro stadio».
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4 Aprile 2020
Tanti auguri, Sami!
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33 anni oggi per Khedira: buon compleanno da tutti noi!
Tanti auguri da tutto il mondo bianconero a uno dei pilastri del nostro centrocampo, Sami Khedira, che oggi compie 33 anni.
Quella in corso è la quinta stagione di Sami in bianconero: in quattro anni il Campione del Mondo tedesco ha vinto tanto, otto titoli. E lasciando il segno: con i suoi gol dettati da inserimenti perfetti, con le sue chiusure in mezzo al campo, con la sua capacità di incidere nella zona più delicata del terreno di gioco.
Una professionalità, quella di Khedira, dimostrata anche con il suo recupero dall’infortunio, confermato dalle convocazioni in gruppo per le ultime gare giocate dai bianconeri, contro il Lione e contro l’Inter.
Tutti noi auguriamo a Sami buon compleanno e soffiamo, ognuno da casa sua, sulle candeline della sua torta!
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Dieci ragioni per amare…
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La puntata di oggi è dedicata all’Apache, Carlitos Tevez!
Juve in the world: Praga
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Anno 1985: in Repubblica Ceca (all’epoca Cecoslovacchia) i bianconeri trovano l’accesso alla semifinale di Coppa dei Campioni
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Ogni tanto, il calcio della Repubblica Ceca (un tempo Cecoslovacchia quando non si era ancora diviso il Paese) attraversa periodi di splendore. Lo testimoniano le finali disputate nelle grandi competizioni. Quelle perse in ben due Mondiali (1934, contro l’Italia; 1962, sconfitti dal Brasile), traguardi che non hanno raggiunto nazioni calcisticamente più continue. Quella vinta nell’Europeo del 1976 con il famoso cucchiaio su rigore di Panenka a piegare la Germania Ovest e quella persa vent’anni dopo al golden gol per “colpa” di Oliver Bierhoff a con i tedeschi dell’Est e dell’Ovest ormai unificati. In quella nazionale del 1996 c’era un giovane Pavel Nedved, le cui prestazioni interessarono la Lazio che lo acquistò. Anche perché il futuro Pallone d’Oro si era già distinto per quattro stagioni di buon livello con lo Sparta Praga. L’unica squadra ceca che la Juventus ha affrontato nelle coppe europee, precisamente nel 1985, anche se nell’affascinante capitale ha giocato in altre sei occasioni precedenti.
PERDERE ED ESSERE FELICI
“Siamo in semifinale!!!” recita la pagina di Hurrà Juventus dell’aprile 1985 e il numero di punti esclamativi riproduce l’urlo per una sconfitta che provoca felicità. Perché l’1-0 patito dalla Signora – rigore trasformato da Berger a 14 minuti dal termine – è reso ininfluente dal punteggio dell’andata, quando al Comunale di Torino i bianconeri hanno vinto nettamente per 3-0. Eppure, quella trasferta produsse qualche patema d’animo. Ma non sul campo, peraltro ai limiti della praticabilità, un vero e proprio pantano per le nevicate dei giorni precedenti su Praga (avviso per chi si interessa ai mutamenti climatici: si giocava il 20 marzo, a ridosso della primavera, e le condizioni meteo erano decisamente invernali). Era stato il viaggio a impensierire e non poco la squadra bianconera. Una fitta nebbia, unita alla presenza della neve aveva impedito l’atterraggio nell’aeroporto della capitale, dirottando la Juventus a Bratislava. Quando tutto faceva pensare a un pernottamento obbligato e al rinvio del trasferimento all’indomani tramite pullman – quasi 400 km la distanza da percorrere – era arrivata la notizia che la situazione all’aeroporto si era liberata e nel cuore della notte finalmente si era riusciti ad arrivare a destinazione, non senza qualche preoccupazione in fase di atterraggio.
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“C’è la neve, ma farà caldo”, aveva ammonito Giovanni Trapattoni, riferendosi alla spinta del pubblico dello Stadion Letna, impianto inaugurato nel 1917. Spalti attaccati al terreno di gioco, tifo sostenuto, ma tutto sostenibile dalla Juve, troppo superiore rispetto agli avversari, come aveva del resto dichiarato lo stesso mister dello Sparta parlando di “due categorie di differenza” tra le due formazioni e definendo Platini e compagni come “la miglior squadra d’Europa”.
LA MAGIA DI PRAGA
“Imparentata” con Torino attraverso una consolidata fama internazionale di città magica, Praga è stata per la Signora piuttosto una città “diabolica” prima del 1985. I bianconeri hanno affrontato lo Sparta Praga in un periodo che va dal 1926 al 1935, tra amichevoli e Coppa dell’Europa Centrale: 5 partite ed altrettante sconfitte, con un solo gol realizzato. Unica vittoria, quella contro il Viktoria Zivkov nel 1926, un 3-1 ottenuto contro un club che due anni dopo avrebbe toccato l’apogeo della propria storia conquistando il titolo del campionato cecoslovacco. La magia di quel Paese, per noi, evidentemente stava 200 km più a Ovest, nella città di Cheb, il luogo di nascita di Pavel Nedved.
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Black&White Stories: il gol, secondo Le Roi
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Puntata dedicata nientemeno che a Michel Platini
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Quando si parla di lui non si può che partire dallo stile. Perché Platini è stato in tutta evidenza intanto e soprattutto una manifestazione di eleganza, tanto è vero che si è fatto apprezzare molto al di là della cerchia dei tifosi della Juventus. Una raffinatezza che stupiva tutti e non lui per una semplice ragione: Michel la viveva come una dote del tutto naturale ed in questo c’era anche tutto il piacere vagamente compiaciuto della sua unicità, quel fingere indifferenza di fronte ai complimenti. Non succedeva mai di sentirlo esaltare una sua meraviglia. Non amava molto il calcio parlato, in questo sapendo giocare molto bene anche sul terreno mediatico: fingendo stupore quando le sue battute venivano ingigantite e divertendosi enormemente a confezionarle ben sapendo che avrebbero fatto notizia, spiazzanti e precise come certi suoi tiri.
E poi, in questo atteggiamento, c’era anche una consapevolezza di fondo: l’enorme differenza tra la bellezza estetica di un gesto tecnico e la sua descrizione, per quanto letteraria e riuscita, è pur sempre un atto riflesso, una conseguenza e non una creazione originale. Tanto è vero che in qualche occasione si è anche inalberato – alla sua maniera molto francese, un moto di stizza, uno sbuffo e stop – quando gli hanno chiesto di stilare una pagella su una sua prestazione. A ognuno il suo compito, diceva a chiare lettere, siete voi giornalisti che dovete dare i voti, io gioco. Che, se si vuole, si può tradurre anche in un il Re sono io, tocca agli altri raccontarmi.
IL GOL E’ TUTTO
Un numero 10 come Platini non c’è mai stato. Nè prima di lui, né dopo. Intendiamoci: non che Sivori, Baggio o Del Piero non abbiano incantato, vinto, lasciato segni epocali ed esprimere ognuno di loro un’originalità della quale la storia del calcio conserva una traccia profonda e indelebile. Ma nessuno è stato un numero 10 come Le Roi. Un sovrano del cerchio di centrocampo, eletto a punto cardinale della sua visione eletta del gioco: intelligenza pura, arte della trasmissione di pensieri che i suoi piedi traducevano in linee di bellezza armonica e funzionalità concreta.
Un regista capace di vincere la classifica cannonieri in Italia per 3 campionati di fila: semplicemente inconcepibile, insistiamo, prima e dopo di lui. 54 reti in Serie A – per non parlare di quelle in altre competizioni – in 88 partite: una media di 0,6, a gara, numeri alla Trezeguet degli anni migliori e non è un modo di dire ma un esatto calcolo dei 3 tornei più prolifici di David, il centravanti più centravanti che ci sia mai stato (2002, 2006 e 2008, campionati dai 20 centri in su).
Ovviamente, anche in questo Michel non smentisce la sua alterità. Sa bene che “Nel calcio il gol è tutto” e che “Quando fai un gol in Francia lo sanno solo i francesi, quando lo fai in Italia lo sanno in tutto il mondo”. Ma quando non vi riesce e gli pongono le fatidiche domande su quanto gli manchi, la sua risposta è più caratteriale che diplomatica: “Non provo sensazioni di questo tipo”. Un Re – è sottinteso – non può perdere tempo con simili sciocchezze…
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LA RETE DIMENTICATA
Nel catalogo dei 104 gol realizzati da Platini nel suo quinquennio torinese ognuno ha una sua scala di valori. E se quello all’Ascoli è il più stilisticamente incredibile e al contempo indicativo di cosa sia un regista-attaccante (Michel si autolancia di tacco e supera il portiere con un pallonetto di punta), tanti altri sono sorprendenti, perfetti, inesorabili, geniali.
Ce n’è uno dimenticato e meno visto di altri, Platini lo ha inventato il pomeriggio del 31 dicembre 1983, quando molti sono indaffarati con i preparativi del veglione e le trasmissioni televisive dedicano meno spazio al calcio (soprattutto all’epoca…). E poi è talmente veloce nell’esecuzione che sorprende il cameraman, somiglia al proiettile lanciato da una catapulta, è rarissimo a vedersi.
Lo racconta Paolo Garimberti a Hurrà Juventus in un’intervista dedicata alla nascita dello Juventus Museum, il luogo giusto per custodire memorie così preziose e farle incontrare con altri eroi dal carattere opposto
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«Giocavamo ad Avellino e lui ha raccolto una respinta segnando di testa da fuori area. Non è stato solo un exploit bello e concreto, quello. Era esattamente l’unica scelta possibile affinché quel pallone vagante potesse entrare in porta. Il gol di un genio, che ha la capacità di capire in pochi istanti che cosa si debba fare. Lì c’è la dimostrazione perfetta di quanto fosse intelligente Michel. Ed è anche un po’ beffardo: ci vedo anche un po’ di Sivori, che segna alla Sampdoria dribblando due volte il portiere, una soluzione illogica, giustificata dal divertimento personale e anche da quel tanto di perfidia che Omar aveva nell’esibizione del suo talento».
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6 Aprile 2020
A Casa con la Juve, episodio 10!
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Gli ospiti di oggi: Cristiana Girelli e Claudio Marchisio!
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Reparto per reparto: la difesa
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A
Ventiquattro le reti subite dalla difesa bianconera finora in campionato.
Un dato superiore allo scorso anno, ma va detto che comunque quello della Juventus è il secondo miglior pacchetto arretrato della Serie A, alla pari con l’Inter. Meglio solo la Lazio, che comunque ha subito un solo gol in meno.
Molto bene i bianconeri nei primi tempi: solo otto i gol subiti in questo frangente, nessuno dall’inizio del 2020.
Solo cinque i gol subiti, invece, dalla difesa della Juve in sette gare di Champions League a fronte di 12 reti messe a segno.
Ottima la prova della difesa bianconera contro l’Inter:
Generale
Possesso
53,9%
53,9%
46,1%
46,1%
% Duelli vinti
62,5%
62,5%
37,5%
37,5%
Duelli aerei vinti
63,6%
63,6%
36,4%
36,4%
Intercetti
13
13
6
6
Fuorigioco
1
1
0
0
Corner
5
5
4
4
Distribuzione
Passaggi
620
620
533
533
Passaggi lunghi
56
56
44
44
Precisione passaggi (%)
91,1%
91,1%
86,5%
86,5%
Precisione passaggi metà avv. (%)
87,6%
87,6%
76,3%
76,3%
Cross
14
14
9
9
Precisione cross
42,9%
42,9%
11,1%
11,1%
Attacco
Gol
2
2
0
0
Tiri
17
17
13
13
Tiri nello specchio
5
5
1
1
Tiri ribattuti
5
5
5
5
Tiri da fuori area
6
6
9
9
Tiri da dentro l’area
11
11
4
4
Precisione al tiro (%)
29,4%
29,4%
7,7%
7,7%
Difesa
Contrasti
11
11
8
8
% di contrasti vinti
45,5%
45,5%
75,0%
75,0%
Respinte difensive
8
8
10
10
Disciplina
Falli fatti
8
8
18
18
Cartellini gialli
1
1
3
3
Cartellini rossi
0
0
1
1
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La Juventus è rimasta sotto nel punteggio per soli 133 minuti, meno di ogni altra squadra in questo campionato.
87,75% è il dato sulla precisione nei passaggi dei giocatori juventini, dato che arriva anche grazie ai 1346 passaggi di Leonardo Bonucci in campionato (dato migliore nella squadra), e ai 941 del suo compagno di reparto Matthijs de Ligt.
197 i palloni recuperati in totale dai due centrali (nelle classifiche di squadra non compaiono Chiellini e Demiral, stoppati dai loro infortuni per molte settimane), 39 i contrasti effettuati (sempre dato aggregato riferito ai due calciatori).
Sempre un difensore è il leader di squadra per palloni giocati, questa volta un laterale: parliamo di Alex Sandro, con 1896, sesto in tutta la Serie A.
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Black&White Stories: le promesse di Bonimba
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Boninsegna e l’indimenticabile estate del 1976
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Ci sono sessioni di mercato più importanti delle altre. Non solo per ragioni economiche o tecniche, ma anche per il valore simbolico ed affettivo che determinano gli addii di alcuni giocatori e gli arrivi di altri. Quella del 1976, resa amara e problematica dall’esito finale del campionato che ha visto la Juventus superata in classifica dai cugini granata, è tra le più importanti vissute dalla Signora. Non per numero di operazioni fatte – all’epoca erano più ridotte rispetto ad oggi, coerentemente a rose meno ampie; a renderla incandescente – non mancarono contestazioni del tifo nei confronti del presidente Giampiero Boniperti – bastarono due nomi in uscita e altrettanti in entrata: Fabio Capello al Milan per Romeo Benetti; Pietro Anastasi all’Inter in cambio di Roberto Boninsegna. Senza dimenticare che il carattere “rivoluzionario” dei cambi era ancora più spiccato tenendo conto che in panchina si andava a sedere un giovane tecnico di soli 37 anni: Giovanni Trapattoni.
Lungo l’asse Torino-Milano il calciomercato aveva proposto i momenti più emozionanti. Sì, oltre alle fredde motivazioni che determinano acquisti e cessioni, le sollecitazioni ai sentimenti dei tifosi erano state notevoli, soprattutto nel cambio di casacca dei due centravanti. Perché Anastasi era l’anima della Juve, come Boninsegna rappresentava l’Inter al 100%. Inoltre, i due non avevano mai nascosto il proprio tifo già dall’infanzia per le squadre alle quali davano tutto se stessi. Andare via, a maggior ragione per accasarsi dalla rivale storica, era non solo impensabile per entrambi: era sentirsi letteralmente fuori luogo, convivere con il senso di un tradimento e una certa forma di rancore verso chi l’aveva permesso.
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IL BOMBER DA FONDO CAMPO
Boninsegna arriva alla Juventus a 32 anni. Nel calcio degli anni ’70 tendenzialmente si viene considerati “vecchi”, se non ci fosse stato il recente esempio di José Altafini, che ha lasciato una firma importante sullo scudetto del 1975 quando di anni ne aveva 4 in più rispetto all’ex interista. Perciò, non mancano le motivazioni a Bonimba, che non è più il cecchino di un tempo, è calata la quota gol garantita nelle ultime due stagioni in nerazzurro, ma è un attaccante che nei 16 metri fa valere il suo peso e ci tiene a ricordarlo, ritraendosi come un centravanti vecchio stampo, uno che il gol ce l’ha nel sangue e non accetta trasfusioni di calcio moderno come adesso si pretende:
«Io sono un uomo da area di rigore. Non pretendo di stare sempre fermo in attesa della palla-gol, ma al massimo posso spostarmi nella tre quarti di campo. Non sono un palleggiatore, ma un tiratore. Non sono un uomo di manovra, non servo molto nel movimento».
Nell’attesa di misurare il suo grado di adattamento nella Juve, Roberto trascorre l’estate in Sardegna e si dedica al tennis, dopo aver vinto a Viareggio il torneo di tennis dei calciatori (una passione oggi sostituita dal padel…). Si definisce un mancino bravo a palleggiare da fondo campo, totalmente autodidatta, rovescio rigorosamente a una mano com’era nello stile di un tempo e qualche partita giocata con Adriano Panatta e Paolo Bertolucci, il meglio che c’è in Italia.
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L’EREDITA’ DI PIETRUZZU
Boninsegna sa bene di dover convivere con un’ombra pesante. Ha giocato tante volte al Comunale contro la Juve e si è accorto dell’amore infinito che il popolo bianconero ha per Pietro Anastasi. Ma non è preoccupato, del resto lui è un combattente, uno di quei centravanti che amano confrontarsi fisicamente con i difensori più duri. In più, c’è il precedente beneaugurante del Mondiale 1970, quando Bonimba sostituisce Pietruzzu in extremis e risponde con due gol indimenticabili, il primo nel 4-3 alla Germania Ovest e l’unico nella finale perduta col Brasile di Pelé. Pelé bianco, questo è ciò che campeggia in uno striscione del Comunale dedicato ad Anastasi, amato anche per come rappresenta i tanti meridionali presenti a Torino, che in lui vedono un esempio di chi ce l’ha fatta. «Non sono preoccupato», confessa il mantovano. «Sostituire Anastasi non sarà facile, ma ci proverò. Non sono siciliano, ma sono lombardo. Chiedo ai tifosi di Anastasi di capirmi. A loro prometto che farò di tutto per accontentarli, come ai tifosi della Juventus».
Boninsegna conquisterà la prima copertina di Hurrà Juventus “solo” ad ottobre di quel 1976 – trovate qui, sopra e sotto, quelle pagine. Prima ci sono quelle dedicate a Trapattoni, a Bettega, alla foto-squadra e a Benetti. Divisa d’allenamento, pallone in mano, sguardo determinato. Quello di uno capace di andare in gol in tutti i suoi esordi in bianconero: in Coppa Italia, in Coppa Uefa e in campionato. Una partenza straordinaria per una stagione che lo sarà altrettanto anche grazie alla continuità del suo contributo, con 20 reti complessive.
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Our Icon… Your Icon!
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Interpretate il logo della Juventus, dando libero sfogo alla vostra fantasia: da oggi c’è Youricon.Juventus.com!
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Ormai lo conoscete bene, da tre anni.
Il logo della Juventus e la nuova identità visiva sono stati, dal 2017, i primi passi che hanno proiettato il Club nel futuro, con un “cambio di pelle” mai visto prima, non solo nella nostra storia.
Un percorso, quello del nostro brand, che si identifica con il logo diventato, nel corso dei mesi, una vera e propria icona, che esprime – e continuerà a farlo – quanto noi vogliamo rivolgere lo sguardo sempre al futuro. Per vivere sempre un passo avanti: Live Ahead.
Un logo che, oltre che nostro è, soprattutto, vostro: lo avete conosciuto, lo avete visto in campo, lo avete indossato. E adesso, con l’Icona di Juventus – appunto, Icon– potete esprimere la vostra fantasia.
Ci rivolgiamo proprio a voi e alla vostra creatività: da oggi c’è la piattaforma Your Icon da cui potete scaricare il logo Juventus per reinterpretarlo nel modo secondo voi più originale. Poi, una volta loggati, potrete caricare le vostre creazioni, che saranno visibili, condivisibili sui Social, e ovviamente votabili da tutta la community.
Per chi avrà avuto più preferenze (oltre a due lavori selezionati proprio da Juventus) sono previsti premi… e sorprese!
Cosa aspettate? Make our Icon… your Icon!
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A Casa con la Juve, episodio 11!
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Gli ospiti di oggi: Sebastian Giovinco e David Trezeguet!
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Buon compleanno, Blaise!
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Matuidi festeggia oggi i suoi 33 anni
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Oggi compie 33 anni Blaise Matuidi:
Un centrocampista che dal 2017, da quando è in bianconero, ha saputo conquistare la stima di tutti, per serietà, voglia di migliorarsi continuamente e per l’entusiasmo con il quale, da sempre, affronta ogni avventura e ogni impegno.
Matuidi è sempre presente.
Sempre pronto a fare quello scatto in più, a recuperare quel pallone. A dare tutto. E magari, pronto anche a togliersi lo sfizio di segnare qualche gol ed esultare in quel modo che… fa volare tutti noi.
Di cuore: buon compleanno Blaise!
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Goal Anatomy | Come segna l’Under 23
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Viaggio all’interno delle reti della squadra di Mister Pecchia
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Sono 44 i gol segnati dalla Juventus Under 23 in questa stagione, distribuiti nelle 34 gare disputate in totale, tra campionato e Coppa Italia di categoria. I bianconeri in Coppa hanno vissuto alcuni dei momenti più belli della stagione, come testimoniano il pass per la finale conquistato con la grande rimonta contro la FeralpiSalò e il dato delle reti: 14 in 7 partite, che si aggiungono alle 30 realizzate in campionato.
COME SEGNA LA JUVE
Seguendo il filo della stagione ci si imbatte in diversi gioielli realizzati dai ragazzi di Pecchia. Il primo gol stagionale, per esempio, è una gemma firmata Pietro Beruatto, con una conclusione con l’esterno mancino da posizione defilata, cui fa fatto seguito, pochi giorni più tardi, la rovesciata di Mota Carvalho, protagonista della prima parte di stagione, sempre al posto giusto in area di rigore. Tra le giocate individuali degne di nota rientrano senza dubbio anche i gol su calcio di punizione, soluzione che ha spesso regalato soddisfazioni: da Lanini a Clemenza, senza dimenticare Zanimacchia, autore delle due esecuzioni più belle contro Carrarese e FeralpiSalò.
In più di un’occasione per portare a casa punti importanti è servita anche una buona dose di pazienza, per aspettare il momento giusto, far valere la voglia di arrivare al risultato e sfruttare gli errori degli avversari. Nascono dal mix di questi fattori le reti nel finale, spesso decisive, come quella di Toure contro il Siena o di Mulè contro il Como, uno dei sei gol di testa messi a segno dai bianconeri, di cui l’ultimo firmato da Brunori nell’ultima gara disputata prima dello stop, e anche i rigori guadagnati e poi trasformati: è spesso cambiato l’esecutore, non l’esito.
A referto vanno anche alcune belle conclusioni da fuori area. Quella di Beltrame contro la Pro Vercelli potrebbe essere in lizza per la palma di gol più bello della stagione, ed è in ottima compagnia: dalle reti di Ettore Marchi, alle giocate di Luca Zanimacchia, capace di andare in gol sia di destro che di sinistro. La capacità di adattarsi alle situazioni e far valere le qualità dei ragazzi è stata senz’altro un fattore importante nel corso dell’annata.
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10 Aprile 2020
A Casa con la Juve, l’episodio 12!
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Gli ospiti di oggi: Marco Storari e Mirko Vucinic!
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Black&White Stories: i divieti di Herrera
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Heriberto raccontato dai giocatori
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In quel mutevole universo che è la comunicazione nel calcio, ogni epoca propone le sue regole e le sue consuetudini. I modi di rappresentazione sono estremamente variabili e tendenzialmente il racconto dello sport ha allargato i suoi ambiti, infrangendo la “sacralità” di alcuni territori (oggi le telecamere entrano negli spogliatoi ed è normale, un tempo era rarissimo). Senza contare che nell’era dell’informazione h24 e dei social, gli stessi attori protagonisti diventano narratori di se stessi, si filmano senza filtri, non hanno più bisogno di media istituzionali per conquistare l’attenzione generale.
In questo contesto esistono ancora tabù, zone segrete, argomenti dove è meglio cavarsela con un frasario più o meno di circostanza? Sì, non pochi, ed uno è certamente il rapporto tra calciatori e allenatori. “Decide il mister” è un classico che si sente nelle interviste ed è qualcosa di diverso da un’ovvietà (se non decidesse l’allenatore, sarebbe un evento clamoroso, a ben vedere). Far parlare un giocatore di colui che in fondo ne orienta i destini in carriera significa farlo entrare in un territorio scivoloso (anche se se la cavano piuttosto bene: un po’ perché abituati, un po’ perché il sapere calcistico di chi va in campo oggi è decisamente elevato e c’è sempre il ricorso all’ironia come lente per evitare possibili trappole).
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Quand’è che prevale la reticenza ed è anche legittimo che sia così? Quando le cose non vanno bene. In quei casi la soluzione più istintiva è fare gruppo optando per il famoso “fatti, non parole”, altrimenti definibile come prima otteniamo i risultati, solo dopo ci possiamo dedicare alle valutazioni o alle promesse.
Stupisce perciò – e non poco – scoprire che nel numero di marzo del 1965 Hurrà Juventus chiamasse alcuni componenti della squadra a tracciare un ritratto di Heriberto Herrera. Al suo primo anno, l’allenatore paraguaiano stava gestendo una situazione non facile, a tre mesi dalla conclusione del campionato erano già evaporate le speranze di partecipare alla lotta per il titolo. In più, la concezione del gruppo era fortemente democratica, come attestò la sua “battaglia” con Omar Sivori, considerato al pari degli altri già alla sua prima intervista: «Premetto che nessuno usufruirà trattamenti particolari»; ma la gestione quotidiana era dittatoriale, con un senso della disciplina che portava a un rigido controllo della vita privata di ognuno. Evidentemente, la curiosità suscitata dal personaggio era tale da volerne sapere di più proprio da chi lo viveva tutti i giorni.
NO AL DIVERTIMENTO
«E’ un uomo coerente che non conosce attimi di flessione. Almeno sul lavoro. Ho conosciuto ed apprezzato nel tempo altri allenatori, Parola, Lorenzo per fare esempi, ma nessuno ha mai avuto tanto rispetto per la parola “allenamento”. Per don Heriberto non esiste la partitina che fa divertimento. Non c’è perché è giusto che sia così. Il giocatore di calcio – così almeno io interpreto il suo modo di pensare – è un professionista che lavora per uno stipendio e che ha l’incentivo di determinati premi. Perciò è suo dovere, al di sopra di ogni costrizione da parte di chicchessia, capire che è suo interesse rendere al massimo». A parlare così è Bruno Mazzia, uno che il campo con Herrera lo vede poco. Sembra essersi convinto della bontà dei suoi metodi, anche se il compagno Gianfranco Leoncini – che col nuovo mister invece raggiunge il massimo delle sue presenze in stagione – non nasconde le difficoltà iniziali: «Che la cosa tutto subito sia stata piacevole non posso dirlo. Anzi qualcuno ha fatto un broncio lungo mezzo metro».
NO ALLE SIGARETTE
In Italia, nel 1965, il 60% degli uomini fumava. E non stupiva sentire i calciatori confessare il “vizio” come una prassi normale. Ma anche in quel caso, c’era Herrera pronto a educare, come racconta Ernesto Castano: «Ha il dono di saperti convincere ad una rinuncia – poniamo le troppe sigarette – senza fartela apparire sotto la forma di “diktat”, anche se in effetti è poi proprio cosi». Convincendoti non per i benefici immediati, ma per quelli a lungo termine, secondo il mister riassumibili in un paio di anni in più di calcio ad alti livelli «con lo stesso passo e con lo stesso ritmo». Era questa del resto l’idea fissa di un mister famoso per avere introdotto nel calcio statico della sua epoca quel “movimiento” che anni dopo sarebbe stato considerato l’abc del gioco e non più la bizzarria filosofica di un duro sudamericano col culto della preparazione atletica.
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10 motivi per amare…
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La puntata di oggi è dedicato a un campione come pochi. Come pochissimi: Gianluca Viali!
Juve in the world: Oporto
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Seconda puntata di storie bianconere… in giro per il mondo
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Dici Porto e il pensiero corre veloce al 1984, a un’altra città prima ancora che alla squadra lusitana: Basilea, sede della finale di Coppa delle Coppe, Juve in maglia gialla, Gaetano Scirea che alza il trofeo in una stagione che porta in dote anche lo scudetto, uno dei momenti emotivamente più intensi nella nostra storia.
Se invece viene in mente la cosiddetta capitale del Nord del Portogallo – poco più di 200.000 abitanti ma un’area metropolitana molto estesa – lo sguardo devia necessariamente verso occidente, verso gli Stati Uniti, coinvolti in una tragedia riassumibile in una data indimenticabile: 11 settembre 2001. Uno di quei giorni dove tutti ci ricordiamo dov’eravamo e cosa stavamo facendo.
La Juventus, per l’appunto, era a Oporto, luogo dove non era mai stata prima, in attesa di debuttare nel girone di Champions League 24 ore dopo. Una gara che sarebbe stata rinviata di un mese, non prima di avere vissuto ore lunghissime, un tempo sospeso nell’attesa di capire l’esatta portata degli eventi che si stavano verificando oltre Oceano.
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Alessandro Del Piero, nella sua stanza al decimo piano dell’hotel dove alloggia la squadra, vede in tv il secondo aereo schiantarsi nelle torri del World Trade Center. Un’immagine shock, si fa fatica a pensare che quello che si sta vedendo sia vero e non un film catastrofico, di quelli ai quali Hollywood ci ha abituato. Un atto di guerra in diretta, che il 10 bianconero vive con particolare angoscia: “Non più di due mesi fa ero su quelle torri”, racconta a Hurrà Juventus. L’altoparlante piazzato in ogni stanza dell’hotel Porto Palacio annuncia che è necessario evacuare l’albergo. Tutti i giocatori e lo staff si ritrovano in strada. “Un po’ di paura, lo confesso, l’ho avuta” rivela Lilian Thuram, mentre Marcelo Salas ha faticato a svegliare Mark Iuliano dal riposo pomeridiano. La squadra viene portata a Lo Estadio Das Antas, l’impianto dove il Porto ha disputato le sue partite fino al 2004.
L’allenamento di vigilia viene sostenuto in anticipo rispetto all’orario previsto. Quando si torna in hotel, l’Uefa non ha ancora preso decisioni e il turno di Champions League prende regolarmente il via, in Italia la Roma scende in campo contro il Real Madrid. Il giorno dopo, il 12 settembre, mentre la Juve si dirige nuovamente all’impianto del Porto per la tradizionale rifinitura mattutina, arriva la notizia del rinvio della partita. La dirigenza si mette subito in moto per rientrare in Italia al più presto. Dopo una lunga serie di severi controlli, la squadra si imbarca su un volo privato diretto a Torino. Tutti sono concordi: in queste condizioni non si può giocare. Per una questione di sicurezza e per il rispetto che si deve nei confronti delle migliaia di vittime.
11 OTTOBRE 2001
Ci si rivede un mese dopo. Anche se la tensione internazionale è su livelli molto alti, il calcio ha ripreso il suo andamento normale. Un riflesso della delicatezza della situazione lo si ha nel viaggio: il volo che porta la squadra in Portogallo è costretto a cambiare rotta all’improvviso per non imbattersi nelle esercitazioni dei caccia francesi in allerta per l’Afghanistan.
Siamo già alla terza gara del girone. La Juve ha affrontato il Celtic in casa e il Rosenborg in Norvegia, ricavandone una vittoria e un pareggio. In terra lusitana la Signora prende un altro punto, frutto di uno uno 0-0 che mette in evidenza un super Buffon (alle sue prime prove in bianconero, vissute come test d’affidabilità che lui supera alla sua maniera). Tre gli interventi salva-risultato di Gigi: sull’attaccante Renivaldo Pena; su Deco (il cui talento esploderà da lì a poco e che in quell’edizione di Champions League metterà a segno 6 reti, il massimo della sua carriera); infine, nella ripresa, si fa trovare pronto anche su una conclusione di Helder Postiga. Un particolare che rende la partita degna di ricordo, ben al di là del suo significato nella classifica – la Juve si qualificherà alla fase successiva senza problemi – è che quella di Porto (l’unica mai giocata in quella città) è la gara numero 300 nelle coppe europee
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Black&White Stories: che rimonta!
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Dove si vince un campionato perduto? Il 2015/16 della Signora
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Di quante situazioni decisive è fatto un campionato? Per rispondere a questo interrogativo non ci sono elementi oggettivi e incontrovertibili, a dispetto di tante analisi critiche volte a individuare un risultato finale in una causa prevalente rispetto a tutte le altre. Se è vero che ogni gara vale 3 punti e quindi – almeno nella logica puramente aritmetica – tutte rivestono la medesima importanza, intervengono tantissimi fattori a determinare una direzione piuttosto che un’altra. Perciò, ciò che vi proponiamo – un viaggio indietro nel recente passato, al torneo 2015-16, il nostro quinto degli otto consecutivi – è nient’altro che un inventario di situazioni importanti vissute in quel periodo che hanno portato la Juventus dall’occupare la parte destra della classifica al sorpasso sul Napoli dopo 15 vittorie consecutive.
Un’impresa che ha contraddetto qualsiasi precedente statistico, 45 punti ottenuti sui 45 punti disponibili che hanno rovesciato un verdetto che dopo 10 giornate sembrava scritto. All’interno di quella fantastica rimonta, che ha visto la Signora sorpassare uno dopo l’altro i concorrenti, ci sono almeno cinque momenti che hanno inciso fortemente sulla direzione del percorso, anche se ovviamente non esistono controprove che in qualche altra maniera non si sarebbe riusciti comunque ad arrivare alla meta finale.
LA PRIMA (DOPPIA) SPINTA
Il dopo Sassuolo-Juventus (l’analisi sincera del gruppo storico sulle ragioni della sconfitta e del conseguente dodicesimo posto in classifica) è alla base del riscatto che si materializza nella vittoria in Juventus-Torino 3 giorni dopo con gol di Cuadrado al quarto minuto di recupero).
Una spinta che si evidenzia immediatamente in classifica, riducendo la distanza dal vertice da -11 a -9: ancora un abisso, ma è un segnale che lassù in alto non vanno spediti. Ma cosa sarebbe successo se in quella gara non ci fosse stata la mostruosa parata di Buffon sul colpo di testa di Glik sul risultato di 1-1? se a mezz’ora dal termine la Juve si fosse trovata in svantaggio, avrebbe avuto la forza di uscire da quello che si sarebbe profilato come un incubo? E’ probabile che nel nostro album dei ricordi l’intervento di Gigi sia messo in secondo piano rispetto alla pazza felicità della rete di Juan, già solo perché riproduceva il gol di Pirlo nel precedente derby allo Stadium a 4 secondi dal termine. Ma ai fini dello scudetto, quello è un istante altrettanto fondamentale per far ripartire la macchina bianconera.
DAL CAPPOTTO IN POI
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Altrettanto si può dire per altre due situazioni della fase conclusiva del girone d’andata, quando si è già molto lontani dalla crisi e si è stabilita una continuità di prestazioni che riporta la Juventus a ridosso delle prime. La prima è molto nota perché la rende visivamente Massimiliano Allegri, che si libera del cappotto nel finale di Carpi, quando un eccessivo rilassamento rischia di trasformare una vittoria certa col doppio scarto in un clamoroso pareggio, per di più da digerire lungo la pausa natalizia. La seconda è altrettanto importante ma molto meno celebrata ed è il salvataggio di Chiellini in Sampdoria-Juventus 1-2: anche qui gli ultimi istanti di gara, 3 punti preziosi da salvaguardare in una partita che sarà lo start di un’impresa che impreziosirà ancor più quell’annata: il record d’imbattibilità di Gigi Buffon.
Da lì parte una serie di partite dove la solidità difensiva diventa assoluta e non mancano vittorie nette nel punteggio, a garantire punti e a irrobustire ancor più la convinzione di potercela fare.
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Non sappiamo se sia stato decisivo lo scontro diretto tra Juventus e Napoli, che ha determinato il raggiungimento della quindicesima vittoria consecutiva e il sorpasso da parte dei bianconeri. Con 13 giornate da giocare e 39 punti in palio è difficile considerare il peso di un singolo match. Resta il fatto che in quell’incontro ci sono almeno due “sliding doors” che contengono una parte del destino del match, oltre alla folgorante invenzione di Simone Zaza che ha determinato l’1-0: il salvataggio di Bonucci su Higuain nel primo tempo che evita alla Juve una gara in svantaggio e l’ingresso in campo di Alex Sandro a 4 minuti dal novantesimo al posto di Paulo Dybala, con il brasiliano che partecipa all’azione del gol che arriva due minuti dopo.
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La Juve non si ferma
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In questo momento di emergenza il club ha dato vita a una serie di iniziative e corsi di formazione rivolti ai componenti dei vari staff tecnici, ai ragazzi delle giovanili e a tutti i dipendenti
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Il difficile momento che tutti stiamo vivendo non dev’essere un freno alla maturazione personale e professionale di nessuno. È con questo spirito che la Juventus ha lanciato una serie di iniziative rivolte ai componenti dei vari staff tecnici, ai ragazzi delle giovanili e a tutti i dipendenti del club, per permettere loro di proseguire i rispettivi percorsi di crescita.
È nato così, già dal 30 marzo, “Juventus Studium – ore 15 tutti in Formazione”, l’incontro quotidiano che si rivolge agli staff tecnici di tutte le formazioni bianconere e che mira ad approfondire tematiche fondamentali per la corretta gestione di una squadra, dagli aspetti tecnici, a quelli psicologici, con protagonisti di assoluta eccezione, tra i quali anche Fabio Paratici, Maurizio Sarri, o il ct della Nazionale di Futsal Alessio Musti.
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Continua, anche a distanza, il progetto “Formazione Juventus”, rivolto ai ragazzi del Settore Giovanile. L’Area Psicologica Juventus ha strutturato i corsi in modo che le attività possano essere svolte insieme alla famiglia, condividendo così un momento formativo di particolare importanza. È stato inoltre istituito un servizio di Sportello Psicologico per permettere ai ragazzi e alle loro famiglie di affrontare insieme le incertezze, le preoccupazioni, le paure con le quali è inevitabile confrontarsi in un momento tanto delicato.
Per gli staff e i ragazzi dell’Academy è stato inoltre realizzato il progetto “Compiti a casa”, grazie al quale, il personale delle diverse aree, siano esse tecniche, fisiche, mediche, organizzative, di scouting, può sviluppare una serie di tematiche utili alla programmazione delle attività future. Ai ragazzi delle squadre Under 15, 16 e 17 sono invece indirizzati degli specifici programmi di lavoro didattico, tecnico individuale e fisico, sviluppati con cadenza settimanale, attraverso video e incontri a distanza.
Ai dipendenti Juventus, molti dei quali sono tutt’ora attivi da casa grazie allo smart working, è quindi dedicato “Grow By Learning!” il programma formativo e di crescita professionale mirato allo sviluppo delle competenze individuali, attraverso corsi di formazione tecnica, siano essi di public speaking, oppure relativi alla gestione dei collaboratori, o ancora incentrati sullo sviluppo di una comunicazione efficace o sul project management… A questi si affiancano i corsi di formazione linguistica, che consentono ai dipendenti di perfezionare l’inglese, lo spagnolo o… l’italiano, per i tanti stranieri che lavorano quotidianamente per il club.
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COVID-19, le misure adottate da Juventus
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I provvedimenti adottati da Juventus in ottemperanza ai DPCM ed ai decreti del Ministero della Salute
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A seguito del DPCM del 10 aprile 2020 recante “misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”,
la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha deliberato di sospendere fino al 3 maggio 2020 tutte le competizioni sportive calcistiche organizzate sotto sua egida.
Juventus continua a monitorare la situazione relativa al Coronavirus (Covid-19) conformandosi alle disposizioni impartite delle Autorità competenti. Pertanto, preso atto dei DPCM e degli altri provvedimenti straordinari ancora in vigore per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, la Società ha adottato una serie di misure di prevenzione che abbracciano tutte le attività del Club.
ATTIVITÀ APERTE AL PUBBLICO
In ottemperanza alle disposizioni del Dpcm del 10 aprile 2020, lo Juventus Museum sarà chiuso al pubblico fino al 3 maggio, salvo diversa disposizione ministeriale.
Gli interventi di sanificazione delle superfici dei luoghi di lavoro vengono effettuati con regolarità attraverso l’utilizzo di prodotti disinfettanti a base alcolica od ipoclorito di sodio.
È stata infine operata la sanificazione di ogni sede Juventus, dei pullman delle diverse squadre e di ogni indumento utilizzato dagli atleti tramite tintorie industriali.
JUVENTUS STORE
Gli Juventus Store di Torino, Milano e Roma sono al momento chiusi.
ATTIVITÀ AGONISITCA
A seguito del DPCM del 10 aprile 2020,
la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha deliberato di sospendere fino al 3 maggio 2020 tutte le competizioni sportive calcistiche organizzate sotto sua egida.
Prima Squadra Maschile e Femminile
Tre i giocatori risultati positivi al COVID-19: Daniele Rugani, Blaise Matuidi e Paulo Dybala. Per tutti e tre è scattato l’isolamento domiciliare volontario.
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Daniele Rugani e Blaise Matuidi hanno effettuato, come da protocollo, il doppio controllo con test diagnostici (tamponi) per il coronavirus-Covid 19. Gli esami hanno dato esito negativo. I giocatori pertanto sono stati dichiarati guariti in data 15 aprile e non sono più sottoposti al regime di isolamento domiciliare.
La partita di Champions League fra Juventus e Olympique Lione è rinviata a data da destinarsi
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Il Responsabile del Settore Medico, Dott. Stefanini, in ottemperanza a quanto disposto dal Gruppo Scientifico dei medici sportivi di Serie A, ha comunicato, esplicato e disposto per le Prime Squadre Maschile e Femminile le seguenti 21 regole che valgono anche per dirigenti, personale tecnico e addetti ai lavori.
NON BERE DALLA STESSA BOTTIGLIA
Non bere dalla stessa bottiglietta, borraccia, bicchiere né in gara né in allenamento, utilizzando sempre bicchieri monouso o una bottiglietta nominale o comunque personalizzata, e non scambiare con i compagni altri oggetti come asciugamani, accappatoi, ecc.
NON MANGIARE NELLO SPOGLIATOIO
Evitare di consumare cibo negli spogliatoi.
GLI INDUMENTI
Riporre oggetti e indumenti personali nelle proprie borse, evitando di lasciarli esposti negli spogliatoi o in ceste comuni.
I FAZZOLETTI DI CARTA
Buttare subito negli appositi contenitori i fazzolettini di carta o altri materiali usati come cerotti, bende, ecc.
LAVARSI LE MANI
Lavarsi accuratamente le mani il più spesso possibile: il lavaggio e la disinfezione delle mani sono decisivi per prevenire l’infezione. Le mani vanno lavate con acqua e sapone per almeno 20 secondi e poi, dopo averle sciacquate accuratamente, vanno asciugate con una salvietta monouso; se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol al 60%.
SERVIZI IGIENICI
Evitare, nell’utilizzo di servizi igienici comuni, di toccare il rubinetto prima e dopo essersi lavati le mani, ma utilizzare salviette monouso per l’apertura e la chiusura dello stesso.
DISPENSER E DISINFETTANTE
Favorire l’uso di dispenser automatici con adeguate soluzioni detergenti disinfettanti, sia negli spogliatoi, sia nei servizi igienici.
NON TOCCARSI OCCHI, NASO, BOCCA
Non toccarsi gli occhi, il naso o la bocca con le mani non lavate.
TOSSIRE NEL BRACCIO
Coprirsi la bocca e il naso con un fazzoletto – preferibilmente monouso – o con il braccio, ma non con la mano, qualora si tossisca o starnutisca.
CAMBIO D’ARIA
Arieggiare tutti i locali il più spesso possibile.
PULIRE TAVOLI, SEDIE, RUBINETTI
Disinfettare periodicamente tavoli, panche, sedie, attaccapanni, pavimenti, rubinetti, maniglie, docce e servizi igienici con soluzioni disinfettanti a base di candeggina o cloro, solventi, etanolo al 75%, acido paracetico e cloroformio.
COSA FARE IN PISCINA
In caso di attività sportiva o allenamento in vasca, richiedere un costante monitoraggio dei parametri chimici (cloro o altre soluzioni disinfettanti) e dei parametri fisici (fra cui il pH o la temperatura, che influisce sul livello di clorazione) .
COSA FARE AI PRIMI SINTOMI
Gli atleti che manifestino sintomi evidenti di infezione respiratoria e/o febbre devono immediatamente abbandonare il resto della squadra, possibilmente, isolarsi, e avvisare il medico sociale nelle squadre professionistiche o il responsabile medico della federazione nei raduni federali, che provvederà a rivolgersi, se ne sussistesse l’indicazione, al Numero 112 o al Numero 1500 del Ministero della Salute operativo 24 ore su 24, senza recarsi al Pronto Soccorso.
VACCINARSI CONTRO L’INFLUENZA
Per chi non fosse ancora vaccinato contro l’influenza, ricorrere il più rapidamente possibile il vaccino antiinfluenzale, in modo da rendere più semplice la diagnosi e la gestione dei casi sospetti.
I CONTATTI A RISCHIO
Informarsi dagli atleti e dal personale societario se ci sono stati eventuali contatti in prima persona o all’interno del proprio ambito familiare con persone rientrate da zone a rischio o in quarantena.
LO SCREENING MEDICO SPORTIVO
Utilizzare la visita medico-sportiva quale fondamentale strumento di screening, attraverso un’attenta anamnesi ed esame obiettivo per l’individuazione di soggetti potenzialmente a rischio immunitario o con sintomatologia.
I RADUNI DELLE NAZIONALI
In caso di raduni nazionali o di atleti o di manifestazioni di circuito internazionale autorizzate anche all’estero, prevedere sempre la presenza di un Medico di Federazione che possa valutare clinicamente, a livello preventivo, tutti i partecipanti, identificando eventuali soggetti a rischio e adottando le più idonee misure di isolamento, seguendo adeguate procedure gestionali secondo gli indirizzi del Ministero della Salute.
I MEDICI SOCIALI
Lo staff medico deve monitorare con attenzione i Paesi verso cui si è diretti o da cui si rientra, secondo le indicazioni del Ministero della Salute. La FMSI ha istituito un collegamento diretto e indirizzi di posta elettronica specifica per tutti i Medici Federali, che sono il punto di riferimento delle Società e degli Atleti, per un più efficace coordinamento delle informazioni grazie alla linea diretta fra Ministero della Salute, Ministero dello Sport, Coni e FMSI.
NIENTE PREMIAZIONI
Evitare premiazioni o altre forme di contatto con il pubblico (es. club o manifestazioni varie)
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IL RISCHIO DELLE INTERVISTE
Utilizzare un unico microfono nelle interviste da disinfettare ogni volta (quindi non vari microfoni tenuti in mano dal giornalista)
EVITARE IL CONTATTO CON I TIFOSI
Uscire dal centro di allenamento e/o dallo stadio nel bus della squadra o sull’auto privata evitando il contatto fisico con tifosi (es. evitare selfie, autografi e abbracci).
Prima Squadra Femminile
La FIGC dispone la sospensione e il rinvio a data da destinarsi di tutte le gare della Divisione Calcio Femminile (Campionato Serie A femminile TIMVISION, Campionato Nazionale femminile Serie B, Campionato Nazionale femminile Primavera, Coppa Italia femminile TIMVISION) in programma durante tutto il periodo di vigenza delle prescrizioni imposte dal D.P.C.M. del 9 marzo 2020 e, successivamente, del D.P.C.M. 1 aprile 2020 e 10 aprile 2020.
Anche gli allenamenti della Prima Squadra Femminile sono sospesi, a data da destinarsi.
Under 23
Sospeso il campionato di Serie C, sono fermi anche gli allenamenti della squadra.
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Settore giovanile
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A seguito del DPCM del 10 aprile 2020, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha deliberato di sospendere definitivamente dei seguenti Campionati e Tornei giovanili organizzati dal Settore Giovanile e Scolastico, programmati per la stagione sportiva 2019/2020:
− Campionati Giovanili Nazionali, Under 18 Serie A e B, Under 17 Serie A e B, Under 17 Serie C, Under 16 Serie A e B, Under 16 Serie C, Under 15 Serie A e B e Under 15 Serie C;
− Tornei Giovanili a carattere nazionale, fasi interregionali e fasi finali Under 14 PRO e Under 13 PRO;
− Fasi interregionali e fasi finali dei Campionati Giovanili Nazionali Femminili Under 17 e Under 15.
Settore giovanile maschile
UNDER 19 – Tutte le gare del Campionato Primavera 1 TIM, SONO sospese. Sospesi anche gli allenamenti, rinviata a data da destinarsi la partita di Youth League contro il Real Madrid, prevista inizialmente per l’11 marzo.
UNDER17-UNDER15 – attività ufficiale sospesa.
UNDER14-UNDER13 – attività ufficiale sospesa.
UNDER12-UNDER7 – attività ufficiale sospesa.
Settore giovanile femminile
A seguito del DPCM del 10 aprile 2020, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha deliberato di sospendere definitivamente lo svolgimento del Campionato Nazionale Primavera organizzato dalla Divisione Calcio Femminile.
TUTTE le attività (Under 19 compresa) sono sospese.
ESPORTS
Le gare della sesta giornata del torneo eFootball.Pro, cui la Juventus partecipa con il suo team, inizialmente in programma per sabato 7 marzo, sono rinviate a data da destinarsi
DIPENDENTI
Ad oggi, alla luce delle ulteriori restrizioni imposte dal DCPM del 11.3.2020 e fatta eccezione per la Sede Principale (HQ), per i centri allenamento (JTC Continassa e Vinovo) e per lo stadio, tutte le altre sedi di lavoro sono state chiuse.
L’attività aziendale presso la Sede Principale (HQ), i centri allenamento (JTC Continassa e Vinovo), nonché lo stadio è stata comunque ridotta al minimo essenziale, ovvero alle sole attività ritenute necessarie e indifferibili (incluse le attività di sanificazione degli ambienti di lavoro).
La presenza di personale dipendente è stata conseguentemente ridotta al minimo necessario.
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Juventus ha infine impartito precise indicazioni ai propri dipendenti, invitandoli ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni igienico sanitarie di seguito riportate:
•
lavarsi spesso le mani e utilizzare le soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani;
•
evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute;
•
evitare abbracci e strette di mano;
•
mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro;
•
igiene respiratoria (starnutire e/o tossire in un fazzoletto evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie);
•
evitare l’uso promiscuo di bottiglie e bicchieri, in particolare durante l’attività sportiva;
•
non toccarsi occhi, naso e bocca con le mani;
•
coprirsi bocca e naso se si starnutisce o tossisce;
•
non prendere farmaci antivirali e antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico;
•
pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol;
•
usare la mascherina solo se si sospetta di essere malati o se si presta assistenza a persone malate.
Juventus ha inoltre invitato tutti i dipendenti delle varie sedi a limitarsi agli spostamenti strettamente necessari per motivi di servizio. La Società sta mettendo in atto iniziative e misure concrete a supporto dei propri dipendenti volte a sostenere tutti, anche con particolare riguardo alle famiglie.
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Reparto per reparto: centrocampo
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Terzo appuntamento con i facts bianconeri finora in stagione
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Il cuore del gioco bianconero, passa dal centrocampo. E i numeri dell’attuale capolista sono abbastanza chiari (anche se ovviamente, quando si parla di sequenze di gioco, passaggi e possesso palla, i dati sono riferiti a tutti i reparti).
La Juventus è la squadra che conta più sequenze di gioco su azione con almeno 10 passaggi effettuati nella Serie A in corso (461, quasi 18 in media per incontro).
La squadra bianconera ha il secondo miglior possesso palla di questo campionato, dietro solamente al Napoli: nelle sue precedenti tre stagioni al Napoli la squadra di Maurizio Sarri ha sempre avuto il miglior possesso palla della Serie A – infatti il 59.3% della Serie A 2019/20 è il miglior risultato per la Juventus dal 2011/12.
La Juventus è la squadra che in questo campionato ha avuto la miglior percentuale di passaggi riusciti (88%)
Non solo: la Juve è seconda (sempre dietro il Napoli) per passaggi riusciti (13183) e prima quanto a precisione nei passaggi (87,75%)
DATI INDIVIDUALI
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Sono 6 gli assist confezionati da Rodrigo Bentancur (in top 10 della Serie A), 135 i palloni recuperati da Miralem Pjanic (frutto anche di 38 contrasti) e in totale ben 3429 i passaggi riusciti in totale a Pjanic, Bentancur, Rabiot e Matuidi.
UN ESEMPIO: JUVE-INTER
Come raccontato nel Game Review dell’ultima giornata giocata dai bianconeri poco più di un mese fa, ecco un esempio di come lavora il centrocampo juventino, partendo da un recupero palla in fase difensiva
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La Juventus è in possesso nella propria area di rigore e l’Inter prova con un pressing alto di inibire sul nascere l’azione bianconera. Quando Higuain conquista una palla sporca a metà campo, l’azione della Juventus si dipana con straordinaria velocità: Matuidi tocca per Ronaldo che viene subito incontro alla palla. Il portoghese serve di prima Bentancur che si propone per la costruzione dell’azione.
Dybala alto a destra scatta in avanti per allungare l’Inter presa in mezzo fra il tentativo di pressing alto e l’immediato retrocedere della propria difesa.
Dybala supera Young grazie ad uno straordinario stop: hanno seguito l’azione Ramsey ed Higuain che formano un tridente, ma sulla destra a dettare un eventuale passaggio ecco la sovrapposizione di CR7 che aveva dato di fatto avvio all’azione.
Dybala combina nello stretto con Ramsey e dopo un gran dribbling batte Handanovic con un tocco di esterno sinistro di straordinaria bellezza.
A proposito di Juve-Inter, decisivo in quella gara proprio un uomo del nostro centrocampo, Aaron Ramsey: il gallese è stato autore di un gol e di un assist.
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Prima di lui, l’ultimo giocatore della Juventus che aveva sia segnato che fornito assist nel corso della stessa sfida di Serie A contro l’Inter era stato Fabio Quagliarella nel marzo 2013. Aaron ha segnato in due match consecutivi di campionato per la prima volta da ottobre 2017, in quel caso con la maglia dell’Arsenal.
Ramsey ha segnato tre gol in questo campionato, l’ultima giocatore gallese a fare meglio in una singola stagione di Serie A è stato Ian Rush nel 1987/88, sempre con la Juventus (sette reti).
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Black&White Stories: elogio del capolavoro “inutile”
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Grandissimi gol, che non hanno influito nella storia.
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La Juve a Tokyo che vince prima dei calci di rigore grazie al capolavoro di Michel Platini. Chi non ha mai pensato che sarebbe stato questo il giusto verdetto di quella finale di Coppa Intercontinentale? C’è un incredibile paradosso vissuto da uno dei più grandi calciatori mai visti: avere realizzato una rete straordinaria – sombrero e tiro al volo – e vedersela annullare per un fuorigioco di posizione di un compagno, del tutto ininfluente nello sviluppo dell’azione.
A ben guardare, sull’esempio di quanto vissuto dal fuoriclasse francese, si potrebbe scrivere una storia del calcio alternativa per ridare il giusto merito a quelle meraviglie perdute nella nostra memoria perché non hanno prodotto effetti benefici sui risultati. Un elogio dei cosiddetti “capolavori inutili”, una “condanna” che ha colpito un po’ tutti i campioni e che si è rivelata ancor più pesante da accettare quanto più era importante la posta in palio.
Noi della Juve abbiamo in tal senso alcune situazioni particolari, che sono entrate nella voce dei rimpianti ma il cui senso estetico – talvolta incredibilmente perfetto – sarebbe un errore dimenticare. Per dirla con un’immagine da museo d’arte, sono quadri che lasciano senza fiato per la loro bellezza se non ci venisse in mente il contesto nel quale sono stati dipinti.
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IL PODIO
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Tokyo 1986 merita il primo posto del podio. Già solo perché riesce comunque a essere un ricordo piacevole con quell’esultanza di Michel sdraiato per terra, che dice tutto del suo carattere, della sua particolare qualità nello sdrammatizzare ogni situazione e – di fatto – anche della capacità che ogni fuoriclasse vero ha nel proprio dna: rialzarsi e andare a vincere, tirare lui il rigore che ci permette di diventare campioni del mondo.
Ai due gradini successivi, in ordine cronologico, scegliamo – e non potrebbe essere altrimenti, francamente – le reti da far strabuzzare gli occhi di altre due finali, purtroppo perdute. Il primo è il colpo di tacco di Alessandro Del Piero a Monaco di Baviera, quando accorcia le distanze sul Borussia Dortmund. Dura solo 6 minuti l’illusione della rimonta, prima del definitivo 3-1, ma in quel tempo – comunque lunghissimo – ci diciamo tutti che un gol così strepitoso (fatto di sinistro, per di più) non può associarsi a una sconfitta. Alex ci ha regalato ben altre pennellate d’autore, ma è legittimo pensare che se una rete così fosse stata alla base di una vittoria oggi forse avrebbe in casa l’unico trofeo che gli manca in carriera: il Pallone d’Oro. Del resto, come pure esercizio teorico, pensate alla sua prodezza contro la Fiorentina di due stagioni prima: la considereremmo la più bella delle sue reti se non si fosse associata al 3-2, al portarci a un successo in rimonta che ancora fa venire i brividi?
Dopo due numeri 10, un gol da 10 in pagella è quello di Mario Mandzukic a Cardiff, non a caso entrato nella top ten del Puskas Award 2017, che premia l’exploit dell’anno. E a guardarlo dal lato prettamente tecnico, è una rete che combina incredibilmente una performance individuale – la rovesciata finale – con una manovra d’insieme. Lancio di Bonucci, cross al volo di Alex Sandro, stop e sponda di Higuain, tiro del gigante croato: la palla non tocca mai terra!
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GLI ALTRI
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A ben guardare, sono molti i giocatori che nella loro collezione di gol hanno un capolavoro dimenticato per ragioni diverse. Claudio Marchisio inventa una rovesciata contro l’Udinese che per potenza dell’impatto con il pallone, istintività nell’esecuzione e precisione della traiettoria merita di essere guardata nelle scuole calcio, anche se nel cuore si conservano di più altri esempi visto che quella sfida finiamo per perderla. Filippo Inzaghi segna un gol di destro al volo in un Juventus-Fiorentina che ha solo il torto di finire in parità, altrimenti entrerebbe in molte classifiche; così come raramente viene indicata tra le migliori punizioni di Andrea Pirlo quella in un derby sfortunato, nonostante il disegno del Maestro porti il pallone a baciare la parte interna della traversa con una precisione millimetrica (e lui lo sa, lo si vede dal sorriso dell’esultanza).
Infine, c’è un ulteriore paradosso in questa particolare raccolta di bellezze: succede quando il carattere estetico si raddoppia e finisce per assomigliarsi. “Vittima” di questa situazione è Gonzalo Higuain a Monaco, Champions League 2016-17 e stavolta parliamo di una sonante vittoria. La doppietta del Pipita è non solo preziosa per ipotecare il passaggio del turno, ma è figlia di azioni congegnate benissimo e finalizzate come meglio non si potrebbe. Difficile scegliere una rete piuttosto dell’altra e tale “imbarazzo” finisce per eliderle, raramente le si vede richiamate quando si ripropongono i capolavori dell’argentino. Il che, a ben guardare, contiene una lezione per i curatori delle mostre: mai mettere i quadri migliori uno vicino all’altro, a ognuno la propria stanza, il giusto spazio…
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Covid-19, guariti Matuidi e Rugani
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I giocatori hanno effettuato doppio controllo, che ha dato esito negativo
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Daniele Rugani e Blaise Matuidi hanno effettuato, come da protocollo, il doppio controllo con test diagnostici (tamponi) per il coronavirus-Covid 19. Gli esami hanno dato esito negativo. I giocatori sono pertanto guariti e non sono più sottoposti al regime di isolamento domiciliare.
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A Casa con la Juve, l’episodio 13!
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Un grande trio per la puntata del 15 aprile: Szczesny, Pinsoglio e il rapper Shade!
Goal Anatomy | Come segna la Juventus
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Viaggio nei gol bianconeri di questa stagione
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Sono 71 i gol messi a segno dalla Juventus nelle 37 gare giocate finora in stagione, così suddivisi: 50 in campionato, 8 in Coppa Italia, 12 in Champions League e uno in Supercoppa Italiana. L’ultimo, a oggi, porta la firma di Paulo Dybala ed è stato anche uno dei più belli, naturalmente in ottima compagnia.
COME SEGNA LA JUVE
Il primo gol della stagione l’ha siglato capitan Chiellini in mischia, regalando anche i primi tre punti. Primo gol arrivato dalla difesa, cui hanno fatto seguito la firma di Danilo, in gol 29 secondi dopo il suo ingresso in campo contro il Napoli, i quattro centri di Bonucci, i due di de Ligt (il primo, speciale, ha regalato la vittoria nel derby) e la rete di Demiral contro la Roma.
Due reti le ha segnate anche Juan Cuadrado, spesso schierato terzino destro, ma finito sul tabellino dei marcatori nelle occasioni in cui è stato impiegato in posizione più avanzata. Il suo primo gol stagionale, quello segnato contro l’Atletico Madrid al Wanda Metropolitano nell’esordio europeo di questa stagione, rientra ancora nella lista dei più spettacolari: una conclusione perfetta con il sinistro. Con il suo mancino ha deliziato, e tanto, Paulo Dybala: 13 reti in totale (due con il destro), realizzate in tanti modi diversi. Dall’interno dell’area di rigore, da fuori area, su punizione, in dribbling, al volo, di potenza e di precisione.
A proposito di reti con il sinistro, ne ha siglate quattro, tra cui la sua prima stagionale, anche Cristiano Ronaldo, capocannoniere bianconero con 25 reti. La maggior parte, ovviamente, CR7 le ha segnate con il suo piede, il destro, regalando però gioie anche di testa, tra cui quella contro la Sampdoria dove, volando in cielo, ha dato l’impressione di fermare il tempo, lasciato tutti a bocca aperta. È stato sempre perfetto, anche dal dischetto, quando necessario.
Ci sono poi i gol corali, quelli frutto del lavoro di squadra, e due reti ne sono la massima espressione, entrambe siglate da Gonzalo Higuain: quella contro l’Inter, a San Siro, e quella in Coppa Italia, contro l’Udinese all’Allianz Stadium. Due azioni spettacolari, sfociate in due gol splendidi. Il Pipita ha partecipato, da assistman, anche alla straordinaria serpentina di Douglas Costa contro la Lokomotiv Mosca.
Un certo peso l’hanno avuto anche i gol dei centrocampisti, quasi mai banali. Aaron Ramsey ne ha messi a segno quattro, Miralem Pjanic tre, Blaise Matuidi due e Rodrigo Bentancur uno. Il gallese ha sfoggiato le sue doti di inserimento (così come Matuidi e Bentancur, in netta crescita sotto questo aspetto), ma anche una buona dose di opportunismo, mentre Pjanic si è preso la scena con le conclusioni perfette dalla distanza contro SPAL, Brescia e Bologna.
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Black&White Stories: la giornata di Anastasi
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1969-70: la storia di un incredibile Juventus-Milan 3-0
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Oggi, in un calcio fortemente codificato tatticamente e dagli spazi ristretti, lo spazio per l’istinto dei bomber esiste ancora, ma è certamente confinato in un’area particolare, quella della soluzione improvvisa che può risultare sorprendente. Nel passato, invece, a guidare prevalentemente la logica del gioco di un attaccante era una sorta di ossessione: la porta. Il punto di riferimento di ogni movimento, appena era possibile – e talvolta anche quando non lo era – si cercava la conclusione. In altri termini, si sentiva la responsabilità di fare gol e di arrivarci per via diretta, il più in fretta possibile, trovando il modo di inquadrare il bersaglio: del resto, raramente un centravanti veniva giudicato per la sua partecipazione alla manovra o per la capacità di dialogo con i compagni, a contare era il numero dei gol e l’egoismo diventava una virtù sul terreno di gioco, laddove nella vita normale viene censurato come un difetto.
A cambiare questa grammatica sulla quale si fondava il linguaggio calcistico, insieme ad allenatori competenti ed innovatori, ci pensarono i cosiddetti “centravanti di movimento”. Attaccanti capaci di svariare su tutto il fronte offensivo e di scompaginare le rigide maglie difensive fondate sulla marcatura a uomo. Giocatori che riuscirono a essere ottime sponde per i partner d’attacco salvaguardando contemporaneamente il dna di un vero numero 9 che possiede un radar interno e sa – in ogni dove – dove si trovi esattamente all’interno dell’area di rigore.
Pietro Anastasi è stato il primo grande rappresentante di questo nuovo status. E Juventus-Milan del 29 marzo 1970 ne è una raffigurazione esemplare.
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IL PRE PARTITA
Ci sono alcune condizioni perché questa sfida alla quintultima giornata di campionato diventi “la” partita per definizione di Pietruzzu.
Intanto, la voglia di riscatto: la Juve, impegnata in una difficile rimonta sul Cagliari avviato a vincere il suo primo e unico scudetto della storia, deve uscire da un periodo zoppicante, una sequenza di 3 pareggi e una sconfitta.
Anastasi concorre per la possibile convocazione al Mondiale messicano e ha bisogno di mettersi in mostra (e il pezzo di Hurrà Juventusinsisterà proprio su questo).
Il Milan è malmesso in difesa, fa esordire un diciottenne, Cesare Cattaneo, cresciuto nel club. Un esame difficile per lui, anche se alla vigilia dichiara la sua tranquillità, non intuendo che la domenica torinese sarà la sua unica apparizione in maglia rossonera in Serie A, campionato che ritroverà 9 anni dopo con l’Avellino.
Infine, prima del fischio d’inizio Pietro riceve il Premio De Martino come miglior giovane della stagione precedente. Per il centravanti della Signora è pura benzina. «Il premio mi ha entusiasmato», confesserà Anastasi a fine partita. “Con due gol credo di essere riuscito ad onorarlo».
IL GENIO ACROBATICO
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Già dalle prime battute dell’incontro, Anastasi appare scatenato. Si presenta subito con una improbabile girata di testa da corner: la sfera va molto alta, ma è indicativa della voglia di lasciare un segno nel match. Poco dopo, da fuori area, nonostante Cattaneo lo marchi stretto, riesce a girarsi e a concludere pericolosamente, anche se il portiere Cudicini non si fa sorprendere.
Sono le prove generali per i due gol che arrivano ai minuti 21 e 23. Due reti che hanno il marchio dell’implacabilità. La prima sfrutta una corta respinta di Fontana: palla in aria, Pietro inventa una rovesciata stilisticamente impeccabile dalla quale nasce un tiro imparabile. E’ la sublimazione dell’istinto, la realizzazione di un capolavoro da una minima possibilità. Quindi, su una punizione di Helmut Heller, brucia sul tempo il suo diretto controllore, ancora in stato di shock evidentemente, e con una torsione di testa indirizza il pallone sul palo più lontano.
Il definitivo 3-0 è opera di Lamberto Leonardi, un tiro al volo che dimostra come il coraggio, in certe giornate, sia l’elemento guida che porta una squadra a sonanti vittorie.
All’epoca, sul mensile bianconero, si riproduceva la rassegna stampa delle partite. I giudizi e le analisi duravano nel tempo e – nel caso di Pietro – oltre che allungare il tempo della cronaca si collocano direttamente in quello della storia. La sottolineatura delle sue qualità, infatti, va ben oltre quel giorno e valgono come definizione della sua carta d’identità calcistica. Si cita il suo “genio acrobatico”, lo si definisce “il centravanti che cade e rimbalza”, si sottolineano le sue “cento azioni fantasiose” e lo si racconta come uno di quei calciatori “baciati in fronte da madre natura per guizzare con successo l’area dove la terra brucia”.
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A Casa con la Juve, l’episodio 14!
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Ultima puntata del primo ciclo di A Casa con la Juve: ospiti Mister Maurizio Sarri e Sandro Veronesi!
Buon compleanno, Tek!
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30 candeline per Wojciech Szczesny
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Cifra tonda per il portierone bianconero: Wojciech Szczesny compie oggi 30 anni:
Continua, anno dopo anno, a regalare grandi prestazioni, e con esse grandi numeri.
Basti pensare che, anche nella stagione 2019/2020, finora, è l’estremo difensore con la media di parate più alta della serie A: 79,8%.
E che parate: Tek è elegante, sa sfruttare tutti i centimetri della sua altezza per spiccare, letteralmente, il volo.
E quando atterra, magari, ci regala un’esultanza, o uno dei suoi sorrisi, che abbiamo amato fin da subito.
Con il sorriso tutti noi soffiamo sulle sue 30 candeline, e auguriamo a Tek buon compleanno!
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In volo con Szczesny!
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Le parate top del nostro portierone per festeggiare il suo compleanno!
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Juve in the world: Atene
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La Juve ha giocato in più di una occasione nella capitale greca…
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Dici Atene e pensi immediatamente alla finale di Coppa dei Campioni del 1983, al popolo bianconero in viaggio per un sogno e all’inaspettata vittoria dei tedeschi dell’Amburgo. Un trasferimento di massa come probabilmente non si è mai visto, anche perché quella Juventus con gli italiani campioni del mondo e l’aggiunta di Michel Platini e Zbigniew Boniek si meritava il ruolo di favorita non solo per la forza dell’organico, ma anche e soprattutto per quanto messo in mostra nei turni precedenti.
Ma la frequentazione della capitale greca da parte della Signora va ben oltre quell’appuntamento. Ed è una vera sorpresa conteggiare le sfide giocate in quella città, scoprendo che sono di gran lunga superiori a metropoli calcisticamente decisamente superiori. La Juve è scesa in campo ad Atene ben 13 volte in occasioni di incontri ufficiali tra Coppa dei Campioni, Champions League e Coppa Uefa, alle quali va aggiunto un incontro amichevole disputato il 4 settembre del 1974, un 4-2 a favore dei bianconeri sull’Olympiacos Pireo, con doppietta di José Altafini e i gol di Roberto Bettega e Fernando Viola. A Londra, Manchester o Barcellona abbiamo giocato molto di meno, anche se nella nostra memoria conserviamo certamente più ricordi per l’importanza di quei match.
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LO STADIO DEL MARATONETA
Più che una suddivisione delle nostre avventure ad Atene per squadre incontrate, vale quella per stadi, visto che in certi impianti abbiamo affrontato club diversi e pure molto rivali tra di loro (un aspetto che chiunque abbia mai visto un derby greco conosce molto bene, ci sono rivalità tra le più accese al mondo, mai sopite e sempre pronte a incendiarsi). Il luogo più frequentato dalla Juventus è lo stadio olimpico Spiros Louis. Un impianto situato ad Amarousio, comune che rappresenta il distretto finanziario di Atene.
Deve il suo nome al leggendario atleta che un anno prima della fondazione della Juventus – nel 1896, quindi – vinse la prima maratona di un’Olimpiade moderna. Costruito nel 1980, ristrutturato nel 2004, è per l’appunto la sede della finale persa nel 1983, ma ha anche ospitato nel decennio successivo due vittorie in Coppa Uefa: la prima nell’ottobre del 1992 sul Panathinaikos, 0-1 con firma dell’inglese David Platt; la seconda nel novembre del 1999 sull’Olympiacos, un 1-3 in rimonta con le realizzazioni di Igor Tudor, Darko Kovacevic (che nel club biancorosso chiuderà la carriera da giocatore e inizierà quella da dirigente) e Filippo Inzaghi
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LE ALTRE AVVENTURE ATENIESI
Altri stadi hanno ospitato la Juventus a partire dal 20 settembre 1961, quando in Coppa dei Campioni affronta il Panathinaikos all’Apostolos Nikolaidis. 1-1 all’andata, 2-1 a Torino e i bianconeri superano il primo turno. Un impianto polivalente, a conferma della tradizionale popolarità in Grecia dello sport nelle sue varie declinazioni.
Una sola volta la Juve ha affrontato l’Aek di Atene, il 20 maggio 1977, ed è una gara molto importante perché conferma la superiorità manifestata a Torino (4-1 al Comunale, 1-0 al Nikos Goumes) e permette alla formazione di Giovanni Trapattoni di accedere alla finale di Coppa Uefa, vinta poi con l’Athletic Bilbao.
Tre gli appuntamenti al Georgios Karaiskakis dal 1967 al 2017 contro l’Olympiacos. Importante il recente 0-2 che ha visto andare in rete con due splendide manovre Juan Cuadrado e Federico Bernardeschi. E sempre contro la stessa squadra la Juve ha giocato anche nella casa dell’Apollon, quando l’impianto del Pireo aveva i lavori in corso in vista delle Olimpiadi del 2004. Nel piccolo stadio Kamaras – capienza di 13.000 spettatori, balconi delle case adiacenti che sfiorano le tribune – Pavel Nedved ha firmato una doppietta rafforzando ancor più la sua candidatura al Pallone d’Oro, premiata da lì a poco col prestigioso trofeo di France Football.
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20.04.2020
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Accadde oggi | 2019, lo Scudetto numero 37!
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Proprio un anno fa si festeggiava il tricolore… #W8NDERFUL!
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20.04.2020
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2019: On This Day il secondo Scudetto firmato Juventus Women!
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Due su due per le ragazze di Rita Guarino. Accadeva proprio 12 mesi fa:
We came. We scored. And we conquered our 2️⃣nd Scudetto trophy 🏆🏆⚪️⚫️#OnThisDay ⎮20/04/2019⎮ #Here2Stay pic.twitter.com/6OM9TFR0Ye
— Juventus FC Women (@JuventusFCWomen) April 20, 2020
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Black&White Stories: Furino, dalle 500 in poi…
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Il penultimo anno in carriera di Furia
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Oggi, nell’era del turnover dove tutti riescono a trovare uno spazio di utilizzo, non esiste più la trasmissione dell’esperienza e delle conoscenze da parte del giocatore più anziano verso quello più giovane, acquistato proprio per rilevarne il posto prima o poi. Una volta, invece, era una prassi assistere alla maturazione del nuovo talento sotto l’ala protettiva del titolare storico, che progressivamente finiva per lasciare il posto e accomodarsi in panchina.
Tutto questo provocava sommovimenti sentimentali di non poca entità nel popolo dei tifosi. Perché la riconoscenza nei confronti del veterano di tante battaglie nel calcio esiste, pochi ambiti della vita normale coltivano il culto della memoria in modo sano e puntuale. Al contempo, però, la curiosità verso la novità è una tentazione alla quale è impossibile sfuggire, a maggior ragione se c’è da rilevare un’eredità importante, quale quella rappresentata da Giuseppe Furino nella stagione 1982-83. Il suo penultimo anno in carriera, la sua tredicesima stagione in bianconero da professionista, dopo una lunga esperienza nel vivaio e qualche avventura sparsa in giro per l’Italia, tra Savona e Palermo.
Massimo Bonini è il nuovo mediano sul quale la Juventus punta (e a conferma del suo valore, ci saranno gli 8 anni trascorsi al servizio della Signora). E’ già arrivato nel 1981-82, un anno nel quale Furia è il titolare più del doppio delle volte rispetto a lui. Il passaggio generazione compie un salto in avanti 365 giorni dopo, quando il ragazzo di San Marino sorpassa lo storico capitano nelle apparizioni dal primo minuto (37 a 28). Per Beppe non è comunque un periodo banale, com’è normale per uno con il suo carattere, per un combattente nato. In campionato, in un Juventus-Napoli, taglia il traguardo delle 500 presenze e non è una ricorrenza da trascurare, anche se quella non è epoca di grandi celebrazioni, né mediatiche, né sul campo. Non c’è juventino, in quel momento, a poter vantare una tale dimostrazione di fedeltà, che raggiungerà in seguito Gaetano Scirea, Alessandro Del Piero e Gigi Buffon.
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ANDARE… IN UFFICIO
Furino va avanti, senza guardare mai indietro, non è nel suo stile, non si accontenta e arriva fino a 525 partite (saranno poi 528 l’anno dopo, quando dirà stop). Conoscendolo, gli piace l’idea di misurarsi con Bonini, di combattere per il posto e di comportarsi con la consueta professionalità e dedizione di sempre. Nel numero di marzo 1983 di Hurrà Juventus rivela di sentirsi tutt’altro che una riserva e di non amare quella retorica che inevitabilmente nasce con l’approssimarsi della fine dell’avventura calcistica, quando ti spingono ai bilanci di una vita mentre tu sei ancora lì a lottare domenica dopo domenica, mosso dall’idea di vincere sopra ogni altra cosa: «E’un periodo bello come tanti altri che ho vissuto qui, e mi piace sapere che posso continuare ancora».
E aggiunge poi che sua figlia, la piccola Federica – che anni dopo diventerà proprio una firma della rivista bianconera – «Quando passiamo nei pressi dello Stadio, si rivolge a mia moglie e dice, convinta: questo, vedi, è l’ufficio di papà». Un modo davvero originale per definire il mestiere del padre, per considerare un gioco come un lavoro…
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LA TESTA E IL FISICO
Come fa un centrocampista di 36 anni ad avere ancora così tanta benzina in corpo? Sempre su Hurrà, ci pensa il dottor Francesco La Neve, medico sociale della Juventus, a rispondere ai lettori che gli pongono il quesito: «Furino è indiscutibilmente personaggio mastodontico. A renderlo tale hanno contribuito nel tempo una testa da campione ed un fisico senza pari. Proprio la sintesi di questi due valori fondamentali ha fatto sì che potesse esistere simile esempio di professionalità. Beppe ha indici di adattabilità allo sforzo che gli avrebbero consentito di emergere in qualsiasi specialità del mezzofondo. Ma questi splendidi valori da laboratorio si sarebbero stemperati se madre natura non avesse munito quest’atleta di quella grinta e quell’agonismo che sono i valori differenzianti di Furino».
Le gambe e il cervello, in estrema sintesi, producono uno spirito e una volontà inimitabili, qualcosa che è persino riduttivo misurare freddamente nei chilometri percorsi ad ogni gara. La conclusione è che l’età la si può sconfiggere, come sta accadendo a Dino Zoff, che chiuderà col calcio tre mesi dopo, a 41 anni: «In elementi di simile temperamento, dalla personalità spiccata, dal cuore gigantesco e dalla professionalità congenita, gli anni lasciano il tempo che trovano».
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Reparto per reparto: l’attacco
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Ultimo appuntamento con i facts bianconeri 2019/2020
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Settantuno.
Sono i gol segnati in stagione in totale dai bianconeri, di cui 50 in campionato. Qui vi abbiamo raccontato come va in rete la Juve in questa stagione.
Di seguito i principali facts sugli attaccanti della Juve.
EFFETTO CR
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In questo campionato Cristiano ha eguagliato il record di 11 partite consecutive in gol in una singola stagione, ora condiviso con Quagliarella e Batistuta. Ha eguagliato anche il proprio record personale, risalente al 2014.
Ronaldo ha partecipato a 173 azioni di gioco che sono terminate con un tiro, il dato migliore tra gli attaccanti di questo campionato, e ha già eguagliato il suo bottino di gol registrato nella scorsa Serie A, con nove presenze in meno: il portoghese viaggia infatti a una media di 0.95 gol a partita, rispetto allo 0.68 con cui ha chiuso la scorsa stagione.
Tra i giocatori che hanno esordito nell’era dei tre punti a vittoria, CR7 è stato il più veloce a raggiungere le 42 reti (quota attuale), con 52 presenze – prima di lui il record era di 58 gare giocate (Montella, Shevchenko e Ronaldo). In Champions League, ha segnato 18 gol negli ultimi 12 match casalinghi a eliminazione diretta; il conteggio comprende quattro triplette, inclusa quella negli ottavi di ritorno contro l’Atletico Madrid nella scorsa edizione.
NON SOLO GOL
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Non ci sono appunto solo i gol in un reparto d’attacco, e altri dati importanti lo confermano. Se Cristiano è primo nella Serie A per tiri totali (130) e nello specchio (53), Dybala è il bianconero che crossa di più (84), che finora ha creato più occasioni (47) ed effettuato più dribbling (45).
Sempre da un giocatore avanzato, Cuadrado, arriva il maggior numero di contrasti effettuati, 46. PER TUTTI I VIDEO DELLA JUVENTUS: CLICCA QUI!