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DALLE 02:41 ALLE 09:06

DI LUNEDì 10 DICEMBRE 2018

SOMMARIO

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Usa: lascia favorito sostituto Kelly
Nick Ayers lavorerà a rielezione Trump. Ora 4 candidati

Brexit: leadership May nel mirinoSe accordo bocciato. E Corbyn pronto a guidare governo minoranza

Khashoggi: ultime parole ‘non respiro’Fonte rivela trascrizione registrazione omicidio

Tokyo, Huawei esclusa da appalti pubbliciGoverno cede a pressioni Usa ma attento a rapporti con Pechino

Nissan, Ghosn incriminato in GiapponeAccuse di illeciti finanziari, agli arresti dal 19 novembre

Tunisia: arrivano i gilet rossiInsegnanti annunciano mobilitazione

Elezioni Armenia,maggioranza per premierIl 70,4% dei voti, con la sua alleanza ‘Il mio passo’ – Amnesty, in Italia ‘gestione repressiva’ delle migrazioni
Il rapporto dell’organizzazione delinea un quadro negativo del Paese

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WASHINGTON

– Nick Ayers non prenderà il posto di John Kelly come capo dello staff della Casa Bianca.
Ayers, attuale capo dello staff del vicepresidente Mike Pence, ha twittato che lascerà invece l’amministrazione a fine anno e lavorerà “con il team di Maga (Make America great again, ndr) per far avanzare la causa”, un riferimento alla campagna per la rielezione di Donald Trump. Fonti riferiscono che Ayers, 36 anni, un operativo repubblicano, lavorerà con il super Pac della prossima campagna del tycoon. Secondo il Washington Post, avrebbe declinato l’offerta alla luce delle difficoltà incontrate da Kelly e dal suo predecessore, Reince Priebus, in una Casa Bianca dominata ancora da intrighi e tensioni.
Secondo i media Usa, sono quattro ora i candidati all’esame del presidente. Tra questi il direttore dell’ufficio management e budget Mick Mulvaney, che è anche capo ad interim dell’ufficio per la protezione finanziaria dei consumatori, e il deputato repubblicano Mark Meadows.
– LONDRA

– Tornano a materializzarsi, sui media britannici, le sfide di potenziali pretendenti a scalzare Theresa May dalla leadership del Partito conservatore, alla vigilia del voto sulla ratifica parlamentare dell’accordo sulla Brexit in calendario – salvo rinvii che per ora Downing Street esclude – domani sera. Voto che rischia di risolversi in una sconfitta sonora per la premier e forse in una crisi di governo.
In interviste in tv, ben tre ex ministri brexiteers – Boris Johnson, Dominic Raab ed Esther McVey, dimessi in dissenso dalla linea May – si sono rifiutati di escludere una loro candidatura.
Johnson, sul Telegraph di oggi, s’è anzi poi spinto più in là: delineando un suo piano per rinegoziare con Bruxelles rifiutando il backstop sul confine irlandese, ventilando un dimezzamento del conto di divorzio da 39 miliardi di sterline e intensificando i preparativi di un ‘no deal’. Il leader laburista Jeremy Corbyn ha fatto sapere d’essere pronto a subentrare a Downing Street anche in mancanza di nuove elezioni.
– WASHINGTON

– “Non posso respirare”: sono le ultime parole pronunciate da Jamal Khashoggi, il giornalista saudita dissidente ucciso nel consolato di Riad a Istanbul da agenti del suo Paese. Lo riporta la Cnn, citando una fonte informata sull’indagine nell’omicidio del reporter e che ha letto la trascrizione dell’audio contenente i suoi ultimi strazianti momenti di vita. Secondo la fonte è chiaro che l’uccisione non era la conseguenza non voluta di un improvvisato tentativo di sequestro ma l’esecuzione di un piano premeditato per eliminare il giornalista.
– TOKYO

– Il governo giapponese conferma le anticipazioni della stampa e annuncia l’esclusione dei due colossi cinesi delle telecomunicazioni, Huawei e Zte, dagli appalti pubblici, a causa dei presunti rischi sulla cybersecurity in ambito militare e finanziario. La decisione di Tokyo segue quella dello scorso agosto degli Stati Uniti, che tramite il ‘National Defense Authorization Act’ avevano vietato i prodotti della Huawei e Zte negli apparati statali, a causa degli stretti legami ipotizzati tra il governo cinese e le due aziende. Nell’annunciare la decisione l’esecutivo di Tokyo non ha fatto riferimento diretto alla due società, per non inasprire i rapporti commerciali con la Cina, ma si è limitato a specificare la delicata procedura dei contratti riguardanti la sicurezza nazionale.
– TOKYO

– Il pubblico ministero giapponese ha formalizzato l’incriminazione per Carlos Ghosn, ex-presidente del gruppo Nissan-Renault-Mitsubishi Motors, detenuto in un centro penitenziario a nord di Tokyo dal 19 novembre. L’ex tycoon 64enne è accusato di aver violato i regolamenti finanziari in tema di compensi e di altri illeciti finanziari per un periodo di almeno 5 anni, fino al 2014.
– TUNISI

– Sul modello dei Gilet gialli francesi nasce in Tunisia il movimento dei Gilet rossi. Ad annunciarlo lo stesso movimento sulla propria pagina facebook, rivendicando per i giovani “dignità e diritto ad una vita degna” e denunciando la visione sfuocata dell’attuale classe politica e il divario esistente tra essa e il popolo tunisino. Per ora solo virtuale, il movimento, “aperto a tutti” e pacifico, avrà numerosi coordinamenti regionali e locali

sparsi in tutto il Paese, si legge nel comunicato di presentazione del gruppo. السترات الحمراء Gilets Rouges.
Intanto, la Federazione generale per l’insegnamento secondario in Tunisia ha annunciato una mobilitazione permanente a partire da oggi in tutti i provveditorati del Paese e una ‘Giornata della rabbia’ per il 12 dicembre con una manifestazione di protesta nella capitale. Per il 19 dicembre è previsto inoltre un sit-in davanti alla sede del ministero dell’Educazione.
– Il premier armeno ad interim, l’ex giornalista 43enne Nikol Pashinian, ha ottenuto la maggioranza in Parlamento alle elezioni di ieri con l’alleanza ‘Il mio passo’: lo ha reso noto la Commissione elettorale del Paese, riporta la Bbc online. La sua alleanza, che include il suo partito ‘Contratto civile’, ha ottenuto il 70,4% dei voti.-

“Gestione repressiva del fenomeno migratorio”, “erosione dei diritti umani dei richiedenti asilo”, “retorica xenofoba nella politica”, “sgomberi forzati senza alternative”. Non è un quadro positivo dell’Italia, quello delineato dal rapporto “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019”, pubblicato da Amnesty International in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Il governo Conte, scrive la ong, “si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”, in cui “le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”. Parlando del Dl sicurezza, Amnesty afferma che contiene misure che “erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l’effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia”.

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