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DALLE 11:21 ALLE 21:32
DI GIOVEDì 29 NOVEMBRE 2018
SOMMARIO
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Su Apple Watch è in arrivo l’Elettrocardiogramma
Nuovo aggiornamento introdurrà la funzione, per ora solo in Usa
Facebook voleva far pagare società per dati utentiWsj, email del 2012-2014 mostrano dibattito interno sul tema
Microsoft fornirà a esercito Usa occhiali a realtà aumentataChiude contratto da 480 milioni dollari per 100mila Hololens
Elon Musk rinuncia al tunnel sotto Los AngelesVoleva bypassare una delle autostrade più trafficate degli Usa
Copyright: appello editori a 28 paesi UeEnpa-Emma, chiudere riforma Ue con art. 11 come proposto da Pe
Consiglio Europa, Internet crea assuefazione come le droghePersone assuefatte a livelli allarmanti, tra l’1,5% e l’8,2%” degli utilizzatori
Big del web hanno eluso 48 miliardi in 5 anni, 71 con AppleR&S Mediobanca, al top per capitalizzazione ma ora ripiegamento
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Il nuovo Apple Watch, lo smartwatch della Mela arrivato sugli scaffali a fine settembre, a breve sarà in grado di fare un elettrocardiogramma (Ecg). La funzione, già preannunciata, dovrebbe infatti essere disponibile con il prossimo aggiornamento del sistema operativo dell’orologio, WatchOS 5.1.2, attualmente in fase di test.
L’Apple Watch Series 4 effettuerà l’Ecg tenendo il dito sulla corona dell’orologio per 30 secondi. Il risultato non sostituisce quelli ottenuti dal medico con sistemi tradizionali, e cioè l’elettrocardiogramma a 12 derivazioni che si avvale di sei elettrodi posizionati sul torace del paziente più 4 sugli arti. L’orologio può tuttavia indicare se c’è un normale ritmo sinusale – cioè il ritmo della contrazione del muscolo cardiaco – o se invece sono presenti aritmie cardiache da approfondire con il medico.
La funzione Ecg su Apple Watch sarà inizialmente disponibile solo negli Stati Uniti, dove ha avuto l’ok della Food and Drug Administration. In Italia e in Europa la funzione dovrà essere autorizzata dagli enti preposti.
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Facebook ha considerato in passato di far pagare le aziende per accedere ai dati degli utenti, anche 250mila dollari l’anno. L’informazione arriva da una serie di email interne alla società, di cui da’ notizia il Wall Street Journal. I messaggi farebbero parte dei documenti che compongo una causa intentata al social network da parte di Six4Three, azienda che sviluppava applicazioni compatibili con Facebook.
Documenti sequestrati pochi giorni fa dal Parlamento inglese. Le email, secondo il Wsj, indicano che gli impiegati del social avevano discusso su un eventuale pressing a inserzionisti e sviluppatori per investire più soldi in cambio di accesso ai dati, con cifre che ammontano a 250mila dollari l’anno.
Le email risalgono al periodo 2012-2014, dopo la quotazione in Borsa e prima del caso Cambridge Analytica, e mostrano, spiega la testata, come Facebook cercasse di capire come monetizzare il grande ammontare di informazioni in suo possesso. Un portavoce della società ha spiegato che la discussione era in atto ma poi non se n’e’ fatto più nulla. Ad aprile, in una audizione al Congresso Usa, Mark Zuckerberg ha ribadito: “non vendiamo i dati degli utenti”.
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Microsoft chiude un contratto da 480 milioni di dollari con l’esercito Usa: fornirà ai militari gli Hololens, i suoi occhiali a realtà aumentata. Il contratto – riporta Bloomberg – dura due anni e contempla una fornitura di 100mila dispositivi che aiuteranno i militari sul campo e nell’addestramento.
“La tecnologia di realtà aumentata fornirà alle truppe maggiori e migliori informazioni per prendere decisioni: questo accordo è l’estensione di una lunga relazione con il Dipartimento della Difesa in questo settore”, ha dichiarato un portavoce di Microsoft. Quello della collaborazione tra le aziende tecnologiche è il governo Usa è un tema in evoluzione che ha anche implicazioni etiche.
I dipendenti di un altro big della tecnologia come Google hanno più volte protestato per il progetto ‘Maven’ per l’uso dei droni e dell’intelligenza artificiale. Progetto che la società di Mountain View è stata costretta a chiudere in seguito alle proteste.
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La Boring Company di Elon Musk ha annunciato di aver rinunciato al progetto di costruire un tunnel sotterraneo super tecnologico per il trasporto urbano sotto l’autostrada 405, lungo il Westside di Los Angeles. La decisione è stata presa in seguito ad un raccordo raggiunto con alcuni gruppi della città californiana.
I gruppi avevano fatto causa a Los Angeles per la decisione di esentare il progetto da un processo di revisione ambientale. La società ha fatto sapere in un comunicato che si concentrerà invece sulla costruzione di un tunnel operativo al Dodger Stadium. Musk l’anno scorso aveva presentato il piano come un sistema innovativo per bypassare l’autostrada 405, uno dei tratti più trafficati di tutti gli Stati Uniti.
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I governi dei Paesi Ue non devono cedere alle pressioni dei giganti del web contro la riforma del copyright, e in particolare devono difendere i diritti riconosciuti agli editori dall’art.11 come proposto dal Parlamento europeo. E’ l’appello lanciato dalle associazioni europee degli editori, Enpa ed Emma, in una lettera aperta ai 28 e pubblicata su diversi quotidiani in Belgio, Polonia e Slovacchia, mentre sono in corso i difficili negoziati tra le istituzioni europee per arrivare a un’intesa sul testo legislativo finale della nuova direttiva sul diritto d’autore.
“Voi siete attualmente sotto pressione da parte dei monoliti digitali per indebolire il diritto degli editori di giornali in un modo che legittimerebbe in realtà le pratiche predatrici a cui punta a mettere fine”, scrivono gli editori ai governi europei. Per questo, aggiungono, “se volete un avvenire sostenibile per la nostra stampa professionista e indipendente, se volete un contenuto di qualità e verificato” allora “è giunto il momento di agire e sostenere i diritti correlati degli editori (articolo 11) così come largamente adottati il 12 settembre nel testo del Parlamento europeo”. Perché, avvertono Enpa ed Emma, si tratta di “una tappa essenziale per la diversità e il pluralismo futuri della stampa europea alla base della nostra democrazia”.
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“I sondaggi condotti in Europa e negli Stati Uniti indicano che la percentuale di persone assuefatte a internet è a livelli allarmanti, tra l’1,5% e l’8,2%” degli utilizzatori: è quanto evidenzia il gruppo Pompidou, l’organo del Consiglio d’Europa specializzato nell’elaborazione di politiche anti-droga che rispettino i diritti umani. “Che si tratti di trascorrere ore a giocare, a scommettere, a utilizzare applicazioni o navigare, tutti i dati raccolti dalla comunità medica confermano che l’assuefazione a internet si è trasformata in un vero problema ed è una patologia” afferma Thomas Kattau, vice segretario esecutivo del gruppo Pompidou.
“Ma quello che sta anche emergendo è che dato che sono stati messi in moto tutta una serie di tecniche per tenere la gente online il più a lungo possibile, c’è chi per continuare a giocare, chattare, navigare per ore e ore assume anfetamine” evidenzia Kattau. “Si sta quindi creando un ponte tra due tipi di assuefazione che si rafforzano a vicenda, quella all’uso eccessivo delle tecnologie di comunicazione e all’uso di cocaina e altre droghe che hanno effetti simili” aggiunge.
“Gli Stati sono in generale coscienti dell’esistenza del problema dell’assuefazione a internet, ma alcuni sono restii a riconoscere che sia una malattia a causa degli elevati costi che questo produrrebbe” osserva ancora il funzionario del Consiglio d’Europa. Ma questo non ha impedito ai Paesi che sono membri del gruppo Pompidou, tra cui l’Italia, di mettere la questione sul tavolo. Nei prossimi anni l’organo del Consiglio d’Europa si concentrerà sui rimedi per arginare il problema. Tra le attività previste c’è la collaborazione con Google e altre società per esaminare come si possano impostare algoritmi che limitino il tempo passato online in particolare per quelle attività che sono spesso legate all’assunzione di droghe.
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Le società ‘big tech’ hanno evitato di pagare 71 miliardi di imposte in cinque anni grazie alla domiciliazione in paesi a fiscalità agevolata. Emerge da un’analisi della Area studi di Mediobanca sulle multinazionali.
Lo studio evidenzia che tra il 2013 e il 2017 il risparmio cumulato dalle società del web e del software ha superato i 48 miliardi. A questa cifra però si può sommare il risparmio, di quasi 23 miliardi, portato a casa da Apple, che però non è una ‘soft company’ dato che genera la maggior parte dei suo fatturato in hardware. Buttando un occhio all’Italia, solo l’anno scorso, il fatturato delle WebSoft è stato di 1,8 miliardi, in imposte sono andati 60 milioni. Anche se la riforma del fisco varata negli Usa ha generato un gettito fiscale più ampio, e le WebSoft che hanno contabilizzato quasi 18 miliardi di tasse in più, in gran parte per il meccanismo di rimpatrio degli utili.
Ad oggi società come Apple, Alphabet (Google) e Microsoft sono sempre regine incontrastate per capitalizzazione. Le WebSoft da sole valgono 3.623 miliardi di euro, oltre sei volte l’intera Borsa Italiana. Ma la ‘luna di miele’ con la Borsa dà segni di stanchezza: Amazon, per esempio, ha toccato i 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione a settembre, ma è scesa a 800 a metà novembre. [print-me title=”STAMPA”]